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Alessia Pifferi scrive ancora dal carcere: “Solo io conosco il dolore per la morte di Diana”

In alcune dichiarazioni scritte mandate in onda da Iceberg Lombardia (Telelombardia) Alessia Pifferi racconta i lavori che ha fatto per poter essere “finanziariamente indipendente”. E poi anche il dolore che prova nel sapere che Diana non c’è più.
A cura di Enrico Spaccini
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Alessia e Diana Pifferi
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"Vorrei tanto tornare indietro, se si potesse. Soltanto per riavere con me mia figlia". Alessia Pifferi, la donna di 37 anni in carcere perché accusata di aver lasciato morire di stenti la propria figlia di un anno e mezzo, ha provato a spiegare con alcune dichiarazioni scritte chi è veramente. Nelle ultime settimane è stata formulata anche l'ipotesi di corruzione di minore, per aver parlato della piccola Diana in alcune chat a sfondo erotico. Mentre si cerca di capire cosa sia accaduto veramente in quei giorni di luglio, Pifferi scrive che solo lei conosce "il dolore, la sofferenza che ho nel cuore per questa situazione".

"Un brutto sogno"

"Ogni volta che chiudo gli occhi spero che tutto questo sia solo un brutto sogno, e invece mi sveglio in carcere e mia figlia non c'è più". Queste frasi Pifferi le scrive dalla sua cella a San Vittore. Dichiarazioni pubblicate in esclusiva dalla trasmissione Iceberg Lombardia di questa sera, 3 novembre, su Telelombardia.

"Da che mia figlia non c'è più mi sento vuota e spenta, sia psicologicamente che nel cuore", continua la donna che secondo le indagini potrebbe aver usato dei tranquillanti per far addormentare la piccola Diana. Questo ancora è tutto da verificare, anche se alcune tracce sono state già trovate. "Mia figlia mi manca da morire e il dolore è molto forte e intenso".

"Lavoravo in nero, ma non mi importava"

Poi racconta di come aveva capito "che se non si lavorava non si mangiava". Allora ha iniziato a lavorare come donna delle pulizie, "baby sitter, assistevo un anziano anche come compagnia, pulizie in ospedale centro tumori, assistente alla poltrona". A volte anche "in nero, ma a me non importava". Tutto per "avere dei soldi in tasca per fare la spesa e per mantenermi e io ogni fine settimana o ogni fine mese ero molto felice".

A luglio era stata lei a chiamare i soccorsi per aver trovato la piccola Diana morta nel suo lettino. Solo più tardi si è scoperto che la bambina era rimasta da sola per sei giorni in quella casa. "A Diana facevo cucù e ridevamo come due matte e poi dopo un po' si addormentava", ricorda Pifferi che poi a quelle frasi aggiunge anche la soddisfazione di quando aveva iniziato a lavorare e "ad andare in vacanza da sola. Ero felicissima perché ero finanziariamente indipendente, ma in casa non doveva mancare nulla nel frigorifero".

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