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Alessia Pifferi continua lo sciopero della fame in carcere: “Ha capito ora che nessuno le crede”

La 39enne è stata condannata all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 16 mesi: l’aveva abbandonata da sola in casa per una settimana nell’estate del 2022. “Si è resa conto di non avere più un futuro”
A cura di Francesca Del Boca
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Continua lo sciopero della fame di Alessia Pifferi nel carcere di San Vittore. Una decisione che la 39enne, condannata alla pena dell'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 16 mesi dopo averla abbandonata da sola in casa per una settimana nel luglio del 2022, porta avanti ormai da un paio di giorni. "È distrutta, si sente sola e allontanata da tutti. Ha capito che nessuno le crede e sta davvero molto male. Si è resa conto di non avere più un futuro".

Sono oggi le parole della sua avvocata, Alessia Pontenani. "Da quando c’è stata la sentenza non fa altro che piangere. Lo fa anche adesso come se si fosse resa conto di essere abbandonata da tutti, in particolare dalla madre. Prima era sempre curata, truccata e ben vestita, adesso è sempre in disordine, non si cura più. Non so se ha capito quello che è successo, sicuramente sa di non essere stata creduta e questo le ha fatto scattare qualcosa".

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"Mi voglio spegnere e raggiungere la piccola Diana", avrebbe dichiarato infatti la 39enne alla sua legale, dopo la sentenza di ergastolo da parte della Corte d'Assise di Milano. La donna, nel giro di 24 ore, avrebbe inoltre avuto due mancamenti, uno dopo la lettura del dispositivo e uno il giorno successivo in cella.

Alessia Pifferi è stata dichiarata capace di intendere e di volere dopo essere stata sottoposta a una perizia psichiatrica super partes eseguita dallo specialista Elvezio Pirfo: da lui è stata descritta come una "analfabeta emotiva", incapace di elaborare ed esprimere emozioni e sentimenti. Pontenani e le psicologhe del carcere di San Vittore, ora sotto indagine per falso ideologico e favoreggiamento, hanno invece sempre sostenuto che la 39enne sia in realtà affetta da "un grave deficit cognitivo", emerso già in età scolare e attenzionato da più professoresse ed esperte.

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