I primi parziali dell’autopsia e dei rilievi del reparto investigazioni scientifiche delineano un quadro agghiacciante e sconfessano ogni parola spesa sul femminicidio commesso da Alessandro Impagnatiello. Del resto, c’era da aspettarselo che la parola “stress” fosse solo un ossimoro rispetto a questa drammatica ed insensata vicenda. Una delle più brutte che la cronaca nera del nostro Paese abbia mai avuto. I riscontri medico-legali usciti nel pomeriggio di ieri parlano di trentasette-quaranta coltellate inferte a Giulia Tramontano. Di queste, solamente due sarebbero state mortali. Giulia, aggredita di spalle ed alla gola, non si è difesa. Non avrebbe potuto farlo. Ragionando in termini criminologici, e mettendo quanto più possibile da parte l’emotività, è necessario evidenziare due aspetti. Partiamo dal primo. Delle molteplici coltellate inflitte, trentasette o quaranta, come detto, due sarebbero state quelle mortali. In gergo tecnico, si parla di overkilling. Dove per overkilling si intende la violenza sproporzionata con la quale viene uccisa la vittima rispetto all’obiettivo di provocarne la morte. In termini semplicistici, Alessandro ha compiuto un eccesso di violenza aggiuntiva rispetto a quella necessaria per ucciderla. E lo ha fatto consapevolmente, perpetrando numerose coltellate anche quando verosimilmente era già morta. E lo ha fatto pugnalandola alle spalle. Una circostanza che, verosimilmente, stando a consolidata giurisprudenza, porterà a contestare l’aggravante della crudeltà quando verrà formulato il capo di imputazione definitivo. Alessandro, come da copione, ha voluto infliggere la massima sofferenza a Giulia come forma di punizione. Colpevole, ai suoi occhi, di averlo smascherato. E, forse, anche di averlo voluto lasciare dopo le scoperte fatte quel pomeriggio di maggio.
La manipolazione psicologica come catalizzatore di quella fisica
Alessandro Impagnatiello ha ucciso Giulia Tramontano nella maniera più subdola e codarda dopo averla smantellata emotivamente per mesi. Come donna e come madre. Lo ha fatto mettendo in scena l’ultimo atto del narcisista perverso. L’ha accoltellata alla gola mentre era voltata di spalle. Come fanno i traditori. È stato lui, “l’uomo” che l’avrebbe resa per la prima volta madre. Dimostrando una disumanizzazione che si fa fatica a leggere anche sui manuali. Ma c’è un’altra considerazione che disarma noi addetti ai lavori. Ormai, più o meno tutti sanno che il femminicidio rappresenta solamente la punta dell’iceberg di un fenomeno chiamato violenza di genere. Una violenza che passa, prima di diventare fisica, attraverso la manipolazione psicologica. Giulia, ormai lo sappiamo, aveva scoperto i tradimenti a gennaio. Eppure, ha cercato disperatamente potenziali letture alternative di quello che stava accadendo. Pur essendo stata verosimilmente attraversata da un dolore devastante, quello che si insinua sotto la pelle, che è capace di logorare una persona. Perché è accaduto questo? Perché i narcisisti patologici come Alessandro riescono a distorcere completamente la realtà di chi gli gravita intorno. Lasciando un deserto emozionale. Giulia e il suo bambino, quindi, sono stati uccisi più volte negli ultimi mesi. Noi siamo a conoscenza dell’ultimo atto soltanto perché bagnato con il sangue. Lo tenga ben a mente, chi giudicherà. Quanto all’aggressione mortale, alla gola e di spalle, possiamo darne una specifica ed ulteriore lettura tecnica. Purtroppo, è il secondo punto da analizzare.
Accoltellandola di spalle alla gola. Così l’ha aggredita. Questo è quanto già ricostruito dai rilievi dei SIS nell’appartamento di Senago grazie alla tecnica della Bloodastain Pattern Analysis. Vile e codardo. Fino alla fine. Con quel modus operandi, difatti, Impagnatiello ha innanzitutto minimizzato le possibilità che Giulia potesse difendersi o fuggire. L’ha disarmata approfittando della sua totale condizione di minorata difesa. Una minorata difesa che, di per sé, era comunque presente visto che portava in grembo un bambino di sette mesi. Suo figlio. I primi esiti medico legali gli hanno dato ragione. La ventinovenne non si è difesa. Ma c’è di più.
Colpendola alle spalle, “l’uomo” si è sottratto dalla possibilità di guardarla negli occhi mentre lo faceva. Evitando lo sguardo di Giulia, Alessandro si è distanziato emotivamente da quello che stava facendo, ha eliminato qualsiasi possibilità di connessione personale e ha ribadito il proprio controllo. Lo ha fatto senza correre il rischio di essere influenzato dal dolore della compagna che stava uccidendo. Giustificandosi anche nei confronti di sé stesso. Credendo, in fondo, di poter preservare l’immagine di sé. Un’immagine grandiosa costruita sulle apparenze. Un riflesso di sé del tutto fittizio. Ma la cui perdita avrebbe minato in maniera irreversibile la sua fragile autostima. Una spietatezza, dunque, che si giustifica in un’ottica disfunzionale, nel tentativo di ricostruire la sua reputazione. Ma non è finita. Aggredire Giulia alla gola mentre era voltata di spalle ha anche rappresentato per Impagnatiello, narcisista perverso, un atto di dominio assoluto. Alimentando così il suo trionfo. Un trionfo scaturito dalla consapevolezza di avere pieno potere di decidere come e quando porre fine alla vita di Giulia e Thiago. Un individuo totalmente incapace di riconoscere l’umanità ed il valore della vita altrui. Un predatore emozionale senza scrupoli. Un femminicida. Niente di più, niente di meno.