Alessandro Impagnatiello progettava di uccidere Giulia Tramontano e il bimbo dallo scorso inverno
Alessandro Impagnatiello, il barman di trent'anni arrestato per l'omicidio della compagna incinta di sette mesi, avrebbe progetto di uccidere Giulia Tramontano già lo scorso inverno. A rivelarlo è il quotidiano La Repubblica. Agli atti sembrerebbe infatti esserci un messaggio partito dal cellulare della 27enne: "Non mi sento bene". Un malessere che sarebbe arrivato dopo aver bevuto una bevanda calda. Qualche ora dopo, però, Impagnatiello avrebbe fatto una ricerca su Internet che associava il veleno per topi alle bevande calde: avrebbe così scoperto che l'effetto non era quello voluto.
Alessandro Impagnatiello aveva cercato su Internet come avvelenare un feto
Alcune tracce di veleno per topo sarebbero state trovate nei tessuti. Inoltre, sempre sui device del trentenne, sarebbero state trovate ricerche: "Come uccidere una donna incinta col veleno" o ancora "Come avvelenare un feto". Elementi che potrebbero permettere di far riconoscere l'aggravante della premeditazione che, alcuni giorni dopo l'arresto di Impagnatiello, è stata esclusa dalla giudice per le indagini preliminari Angela Minerva. All'epoca infatti gli elementi raccolti non erano sufficienti per dimostrarne la premeditazione.
L'omicidio di Giulia Tramontano
Due giorni prima l'omicidio. Giulia Tramontano aveva scritto di voler ritrovare la sua tranquillità. Aveva infatti litigato da poco con il compagno dopo aver ritrovato un burrocacao in automobile. La ragazza ha poi scoperto che il barman aveva una relazione parallela con una collega. Le due donne si sono poi incontrate il 27 maggio. Al termine di questo colloquio, la giovane è tornata a casa accompagnata dalla suocera. Una volta in casa a Senago è stata barbaramente uccisa. Il compagno le avrebbe inferto 37 coltellate. Avrebbe provato a bruciare il corpo per due volte. Lo avrebbe poi incellophanato e portato dietro a una fila di box dove è stato poi ritrovato.
La confessione di Alessandro Impagnatiello
Il 29 maggio il trentenne va dai carabinieri e denuncia la scomparsa della compagna. Inizia ad attuare il suo piano per depistare gli inquirenti. Invia dal suo cellulare anche alcuni finti messaggi. Gli investigatori, coordinati dalla pubblico ministero Alessia Menegazzo e dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella, non ci cascano. E infatti dopo meno di 72 ore, il ragazzo racconta la verità e confessa l'omicidio.