Albizzate, chiuse le indagini: “Il crollo si poteva evitare. Errori progettuali e incuria”
Sono state chiuse le indagini sul crollo del cornicione di uno stabile commerciale avvenuto lo scorso giugno ad Albizzate, in provincia di Varese, che ha provocato la morte di una mamma e di due dei suoi tre figli, di soli 5 anni e 15 mesi. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla procura di Busto Arsizio che ha depositato gli atti sulla chiusura indagini nei giorni scorsi il progettista e direttore dei lavori, Cesare Galeazzi, e Antonino Giovanni Colombo, amministratore unico della Airale, società proprietaria dell'immobile in base all'inchiesta coordinata dal pm Nadia Calcaterra avrebbero "cagionato il crollo dell'intero cornicione/pensilina in cemento armato", si legge nelle carte, "per colpa, negligenza, imprudenza ed imperizia".
Pronta la richiesta di rinvio a giudizio per i due indagati
Il 25 giugno scorso Fouzia Taoufiq, 38 anni, e i suoi due figli di 15 mesi e cinque anni stavano stavano passeggiando nei pressi dell'area commerciale di Albizzate quando parte del cornicione della struttura ha ceduto travolgendoli: con loro, qualche metro più avanti il terzo figlio della donna di 9 anni miracolosamente sopravvissuto. Stando a quando emerge dall'avviso di chiusura delle indagini al centro dell'inchiesta ci sarebbero la mancata comunicazione della presenza di cemento armato nel cornicione e il non aver garantito la sicurezza e l'incolumità delle persone. Il pubblico ministero di Busto Arsizio Nadia Calcaterra si prepara adesso a chiedere il rinvio a giudizio per i due indagati: Antonio Colombo e Cesare Gallazzi, 95 anni devono rispondere delle accuse di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.
Le accuse sono di omicidio colposo plurimo e disastro colposo
Secondo quanto riportato nel documento giudiziario, che si fonda sulla perizia svolta dagli ingegneri incaricati dalla procura e sulle attività investigative, Cesare Galeazzi, "in qualità di progettista architettonico", è accusato di aver "falsamente dichiarato in fase di richiesta di concessione edilizia, l’assenza di opere in cemento armato", "di aver progettato – in violazione degli elementari principi di scienza delle costruzioni – una struttura in cemento armato, la trave-gronda, priva di stabilità" e infine in qualità di direttore dei lavori non avrebbe "adeguatamente supervisionato, diretto (ed eventualmente corretto) la realizzazione delle strutture in cemento armato di cui sopra". Colombo invece avrebbe omesso, a partire dal 2012 "ancorché in presenza sulle velette murarie sommitali del fabbricato interessato dal crollo di vistose fessurazioni, a lui note, indicative di una condizione di instabilità della trave-gronda e di un principio di distacco della porzione poi collassata – di incaricare un professionista qualificato al fine di accertarne le cause (e le conseguenti opportune modalità di ripristino), limitandosi ad interventi meramente estetici e superficiali di rasature delle crepe con intonaco armato con fibra di vetro".