Alberto Genovese, una testimone: “A una festa mi voleva picchiare perché non mi drogavo con loro”
«Era l’estate 2019 e ricordo quella sera come fosse ieri. È stata la notte peggiore della mia vita. L’arrivo alla villa a Ibiza, Genovese già esaltato che dice a tutti che ci saremmo devastati, lui che distribuiva agli ospiti pasticche rosse prima di entrare in discoteca e il momento in cui stava per colpirmi perché mi rifiutavo di bere da una bottiglia in cui aveva versato qualcosa».
Inizia così il racconto esclusivo rilasciato a Fanpage.it da una modella che ha frequentato la residenza sull’isola spagnola di Alberto Genovese, il re Mida del digital italiano che ora è in carcere con l’accusa di aver drogato, sequestrato e violentato una 18enne durante una festa nel suo lussuoso appartamento milanese con vista Duomo. Le sue parole non sono state ancora inserite nel fascicolo della procura ma ha molti punti in comune con la deposizione formalizzata da un'altra ragazza che ha accusato l'imprenditore di averla drogata e violentata nel luglio 2020 proprio a Ibiza, in una residenza da lui affittata che si chiama "Villa Lolita". La modella ascoltata da Fanpage.it, pur non potendo conoscere il contenuto della denuncia della presunta vittima, ha fornito elementi in linea con il presunto modus operandi di Genovese emersi dalla deposizione.
«Era l’estate 2019, mi trovavo a Ibiza e un amico mi ha invitata a una festa che facevano nella villa di Genovese. Il programma era cenare lì con un po’ di gente e andare in discoteca dove era stato prenotato un tavolo. In quel momento non sapevo delle voci sul conto di Genovese, così ho accettato. Quando siamo arrivati alla villa il padrone di casa non c’era ancora, c’erano diversi ragazzi di Milano e alcune ragazzine molto giovani. Anche loro modelle, avranno avuto circa 18-20 anni. Ma erano molto magre, forse sembravano più piccole. Si parlava tutti in inglese. Dopo un po’ è arrivato Genovese, era già gasato e ha annunciato che la sera ci saremmo tutti devastati».
«Stasera ci devastiamo»
La modella ha chiesto di mantenere l'anonimato ma ha fornito prove a supporto del suo racconto.
«Già quella sua frase mi aveva lasciata un po’ perplessa ma non gli ho dato troppo peso, del resto era estate. Poi un altro ragazzo gli ha detto “io mi sto già guardando intorno, vorrei chiavarmi questa…”.
La modella spiega che fino a quel momento la situazione le è parsa tutto sommato tranquilla, durante la cena non ricorda droga o comportamenti sopra le righe. Ma poi il quadro è cambiato completamente.
«Dopo la cena siamo saliti su due van per andare in discoteca e Genovese aveva una scatolina con pasticche rosse, mi ricordo, piccole. E le ha distribuite a tutti come fossero caramelline. Già lì ho iniziato a stargli sulle palle perché ho rifiutato dicendogli “no grazie”. Lui mi ha guardato male come se il rifiuto non fosse contemplato e così ho fatto finta di prenderla. Intanto il mio amico era su un altro bus».
«A un certo punti erano tutti fatti»
«In discoteca, dopo un po’, erano tutti “leggeri”, sì insomma fatti, avevano chiaramente preso qualcosa oltre alle pasticche rosse. Ma non riuscivo a capire che cosa. A un certo punto vedo Genovese che versa qualcosa nella bottiglietta dell’acqua e lì mi sono spaventata. Lui mi dice “bevi, bevi, vedo che continui a ballare ma non bevi” e io ho rifiutato di nuovo. Era incazzato perché ero l’unica che non si era drogata e quindi insisteva per farmi bere. Finché mi sono innervosita anche io e lui è scoppiato. Mi ha messo la bottiglia davanti alla faccia e ha urlato: “Bevi cazzo! Smettila di rompere i coglioni”. Gli ho dato una spinta e un po’ del liquido gli si è versato addosso… non ci ha visto più. Ha alzato il braccio per tirarmi un pugno in faccia davanti a tutti e in quel momento è intervenuto il suo bodyguard, lo stesso che portava il van e che teneva lontani gli sconosciuti dal tavolo. È stato lui a bloccarlo».
«Quando sono usciti sembravano mostri, anche Genovese»
A quel punto la modella decide di andarsene ma l'unico posto dove dormire è la villa e allora chiede aiuto a un altro ragazzo che aveva le chiavi di casa che però le dice che dovrà aspettare. E così fa, attende sul van per timore di rientrare nel locale.
«Dentro erano tutti drogati, sono usciti che sembravano dei mostri. Compreso Genovese. Siamo tornati in villa, dove sono arrivate altre persone che avevano conosciuto in discoteca, il mio amico ha tentato di rassicurarmi ma l’ho salutato e mi sono chiusa a chiave nella mia stanza. È diventato un rave, è andato avanti tutta la notte e so per certo che che quelle ragazze, in condizioni pietose, sono finite a letto con qualcuno. Cosa che non è un reato, assolutamente».
La testimone, che non è una ragazzina sprovveduta, parla di quei momenti con la voce interrotta, come se sentisse ancora l’ansia di quelle ore.
«Non sono andata via subito perché avevo paura che mi facessero del male, erano tutti fuori di testa, erano ingestibili. Quando hanno spento la musica c’era ormai il sole. Una volta fuori non sono più tornata indietro. Ricordo che quella mattina pioveva, c’era un’atmosfera assurda, oscura. È stata una delle notti peggiori della mia vita».