Affitta una stanza a Milano per 4 anni, poi si ritrova in un AirBnb: “Il proprietario vuole guadagnare di più”
"Airbnb sta rovinando questa città. Si sta mangiando il mercato delle stanze, che a Milano è di vitale importanza per studenti, giovani lavoratori, professionisti provenienti da tutta Italia". E Cristiano D., 30 anni, lo sa molto bene.
"Sono appena uscito da un incubo. Ho affittato una stanza in una casa, e mi sono trovato dentro un Airbnb a tempo pieno. Con ricambio giornaliero di persone che entravano in camera mia, usavano le mie cose, si lavavano addirittura i denti con il mio spazzolino. Non era più vita", racconta a Fanpage.it oggi, mentre il Comune di Milano a parlare di restrizioni per il mercato degli affitti brevi.
Ci racconti la tua storia?
Sono un giovane professionista, originario di una cittadina non lontana da Milano. Come molti, per lavoro e per avere più opportunità, mi sono trasferito in città dopo gli studi. Ho preso in affitto una stanza in zona Bande Nere, all'interno di un trilocale: l'altra camera, all'inizio, è stata occupata da un mio amico, conosciuto durante gli anni di università. Poi lui se ne è andato. Ed è iniziato l'inferno.
In che senso?
Il proprietario, invece di affittare la stanza vuota a un nuovo inquilino fisso, ha deciso di metterla su Airbnb. Peraltro senza fissare un numero minimo di notti, e quindi con un ricambio degli ospiti praticamente giornaliero. Continui vai e vieni, check in alle due di notte, gente sconosciuta sempre diversa in giro per casa mia ogni giorno. Turisti che si pulivano con i miei asciugamani in bagno, usavano il mio spazzolino da denti, mangiavano il mio cibo nel frigorifero, abbandonavano i piatti sporchi nel lavello della cucina.
Dopo i primi tempi, non lasciavo più niente nelle aree comuni: mettevo tutte le cose per lavarmi in una borsa di plastica, e ogni volta la trasportavo dalla camera al bagno. Così come facevo con padelle, posate, oggetti personali di ogni genere. Come uno sfollato. Solo che, in teoria, ero a casa mia.
Non hai avuto mai paura per la tua incolumità, nel trovarti continuamente sconosciuti in casa?
Una volta alcuni ospiti sono tornati ubriachi, in piena notte, e non si sono accorti di essere entrati nella mia camera. Mi sono svegliato di soprassalto, con loro già seduti sul letto: a spese mie, ho deciso di cambiare la serratura della camera di modo da potermi chiudere a chiave. E ancora, una coppia dell'Est che si è messa a cucinare un piatto di spezie alle cinque di mattina, parlando a voce alta come se niente fosse e spargendo per casa un odore terribile. Era la prassi, durante le ore notturne: passi pesanti, risate e chiacchiere ad alta voce, urla, luci accese in corridoio. In tutto questo io, ovviamente, dovevo svegliarmi presto per andare a lavorare.
Ti sei lamentato con il proprietario?
Fin da subito. Peraltro, al mio ingresso avevo pure firmato un classico contratto di locazione 4+4, che mi dava diritto all'utilizzo esclusivo dell'intera abitazione: il proprietario non poteva assolutamente metterci dentro un'attività di Airbnb. Ma non ha voluto sentire ragioni. Anzi, ha cercato in ogni modo di mandarmi via. "Con Airbnb i soldi che mi dai tu in un mese li guadagno in meno di una settimana", mi diceva.
Quanto pagavi d'affitto?
550 euro mensili, ancora il prezzo di una volta. Ma so che l'inquilino entrato nell'altra stanza, quando per vie legali sono finalmente riuscito a far chiudere l'Airbnb abusivo, aveva un canone di 750 euro al mese. Per una stanza a Bande Nere.
Perché non te ne sei andato subito?
Ho disperatamente cercato un'altra soluzione in autonomia. Ma non avevo un contratto a tempo indeterminato, e i prezzi degli affitti adesso sono a dir poco assurdi. Ho uno stipendio normale, intorno ai 1400 euro. Non posso pagarne 800, 900 almeno per un monolocale: me ne restano in tasca a malapena qualche centinaio. A Milano, con il costo della vita che c'è.
Ora dove ti trovi? Sei ancora lì?
No. Sono rimasto per qualche tempo in quell'appartamento, dopo la lunga e orribile parentesi dell'Airbnb, ma poi ho scelto di tornare nel mio paese d'origine. Sarei rimasto a Milano, stavo bene. Del resto rimane sempre una città davvero attrattiva: c'è lavoro, eccellenze universitarie e sanitarie, proposte culturali, opportunità di ogni tipo. Ma le case costano troppo, anche in periferia. Senza il sostegno della famiglia, come per tutti i miei coetanei, è impossibile.
Di Airbnb, adesso, a Milano si parla parecchio. Sei d'accordo con la posizione del Comune di Milano, che vuole limitare a tutti i costi il mercato degli affitti brevi?
Sì. La decisione di New York a cui recentemente ha fatto riferimento il sindaco Sala, che ha limitato gli affitti brevi alle case in cui risiede l'host, per me è una buona direzione da seguire. Poi, pur consapevole che i Comuni possono fare poco e che ci sia necessità di una normativa nazionale, penso comunque che la giunta potrebbe fare ancora più rumore: la questione della casa è un'emergenza, in questa città. Va detto chiaro e tondo.
Non si rischia di penalizzare fortemente il turismo?
No. Questo è un turismo mordi e fuggi, che toglie sempre di più spazi a chi in questa città vive, lavora, studia tutti i giorni. Airbnb a Milano toglie spazio ai residenti, per favorire invece queste locazioni brevi che non danno un vero valore aggiunto. Anzi, vanno a deteriorare il tessuto sociale di Milano, fatto di studenti, giovani lavoratori, professionisti che provengono da ogni parte d'Italia.
Cosa si può fare, allora?
Intanto c'è una questione a cui non sempre viene dato il giusto peso, ovvero quella del sommerso. Accordi verbali, affittuari che pretendono il pagamento il nero… bisogna sempre fare il contratto, farlo verificare da un professionista, registrarlo legalmente. Poi, sugli affitti brevi, è necessario indicare un soggiorno minimo, non due o tre notti. Così come sarebbe opportuno, da parte del governo, predisporre delle detrazioni per l'affitto sullo stipendio dei lavoratori.