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Matteo Messina Denaro

Accusato di aver prestato il nome a Messina Denaro per l’acquisto di auto, si difende: “Mi hanno rubato l’identità”

Massimo Gentile è in carcere dallo scorso marzo con l’accusa di essere stato uno dei prestanomi di Matteo Messina Denaro: il boss ha comparto mezzi di trasporto firmando a nome suo. Gentile si difende sostenendo che non era al corrente di quanto stava accadendo. A Fanpage.it l’avvocato difensore, Antonio Ingroia, spiega quello che hanno scoperto.
A cura di Giorgia Venturini
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"Non ero un fedelissimo di Matteo Messina Denaro". Lo ripete più volte davanti ai magistrati Massimo Gentile, l'ex capo ufficio tecnico del Comune di Limbiate, in carcere dallo scorso marzo con l'accusa di associazione mafiosa (416bis) perché ritenuto dalla Procura di Palermo uno dei prestanomi dell'ex boss di Castelvetrano, morto il 25 settembre di un anno fa. Secondo l'accusa, con i documenti (quindi con il nome e gli altri dati privati) di Gentile, Messina Denaro aveva comprato auto.

Nel dettaglio, nel 2014 il superlatitante avrebbe comprato una Fiat 500 intestandola a Gentile. Gli investigatori sono riusciti a recuperare i documenti di acquisto e le assicurazioni dell’auto e anche di una moto Bmw, anche questa intestata a Gentile dal 2007.

L'auto venne ritirata da una concessionaria di Palermo nel novembre del 2014: qui i carabinieri hanno trovato la fotocopia della carta d’identità di Gentile con la foto di Messina Denaro. Oltre ad aver versato mille euro in contanti, il boss aveva consegnato al venditore un assegno circolare da 9mila euro emesso da una filiale di Palermo: nella richiesta c'era la firma a nome di Massimo Gentile, con la grafia di Messina Denaro. E proprio su questo si concentra la difesa.

L'ex impiegato comunale ha sempre sostenuto di non essere al corrente di quello che l'ex capo del mandamento di Castelvetrano stava facendo con i suoi documenti. A Fanpage.it l'avvocato difensore, Antonio Ingroia, spiega quello che succedendo a distanza di mesi.

Come è andato l'interrogatorio di Gentile davanti ai magistrati? 

Ha esposto la sua versione dei fatti: conferma di essere stato vittima di un furto di identità. È certo che era circondato da personaggi che si sono rivelati poi favoreggiatori di Matteo Messina Denaro. Soprattutto Massimo Gentile aveva lavorato nell'azienda che produce olio di Andrea Bonafede classe 1969 (ovvero non quell'Andrea Bonafede, classe 1963, che ha prestato l'identità al boss durante le ultime visite alla clinica La Maddalena a Palermo e per cui è stato condannato a 14 anni. Si trattano di due cugini omonimi, entrambi fedelissimi di Messina Denaro): aveva chiesto a Gentile di prendere i suoi documenti con la scusa di metterlo in regola come lavoratore. In questa occasione potrebbe aver rubato i suoi dati e fatto una copia dei suoi documenti.

Matteo Messina Denaro avrebbe usato i documenti di Massimo Gentile per comprare auto che gli servivano per i suoi spostamenti. Cosa avete scoperto su questi acquisti? 

Che le firme di Massimo Gentile non sono state fatte dal mio assistito. Abbiamo presentato delle perizie di parte: hanno smentito che le firme fossero di Gentile e in alcuni casi sono state falsificate proprio da Messina Denaro, in altri da Andrea Bonafede.

Inoltre gli assicuratori o il personale dei concessionari non hanno mai riconosciuto Gentile. Ma non sanno dire chi è stato a comprare quelle auto.

Gentile è ancora in carcere? 

Sì, venerdì abbiamo l'udienza preliminare. Ormai è in carcere da diversi mesi. Ad oggi la Procura insiste sull'accusa di associazione mafiosa, quindi sul 416bis.

Si andrà a dibattimento?

Mi pare difficile che si faccia marcia indietro.

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