Accoltellò ragazzo a Milano, figlio del capo ultrà dell’Inter Caravita chiede patteggiamento
Ha chiesto di patteggiare quattro anni e sei mesi di reclusione Alessandro Caravita, il 20enne figlio di Franco, storico fondatore e capo degli ultrà dei Boys della curva dell'Inter, accusato di avere accoltellato un 24enne dopo una lite, tra il 5 e il 6 giugno scorso, in corso Garibaldi, zona della movida milanese. La richiesta è arrivata oggi in aula davanti al giudice di Milano Guido Salvini, che ha rinviato l'udienza al 19 novembre e ha ordinato la traduzione dell'imputato dal carcere perché venga sentito nuovamente in aula.
Caravita ha sempre sostenuto la tesi della legittima difesa
Solo successivamente arriverà la decisione del giudice. Caravita che subito dopo l'arresto avvenuto poche ore dopo l'aggressione, aveva reso delle dichiarazioni spontanee al giudice per le indagini preliminari: "Sì, ho colpito quel ragazzo, ma l'ho fatto per difendermi, perché sono stato prima minacciato e poi aggredito, erano in quattro", le parole del 2'enne che dunque aveva ammesso di aver colpito la vittima ma anche che si era trattato di legittima difesa, così come sottolineato dal suo legale, l'avvocato Mirko Perlino. Nell'indagine coordinata dal pm Roberto Fontana Caravita è accusato di tentato omicidio e porto del coltello a serramanico.
La notte dell'aggressione in zona Moscova
I fatti risalgono alla notte tra venerdì 5 e sabato 6 giugno scorso quando è scoppiata una rissa in zona Moscova a Milano. Quando, lanciato l'allarme, sul posto sono giunti i sanitari del 118 gli operatori sanitari avevano trovato il 24enne in gravi condizioni a causa di alcune coltellate che lo avevano raggiunto in pieno petto. Immediato il trasporto d'urgenza in codice rosso al pronto soccorso dell'ospedale Niguarda. Caravita è stato fermato qualche ora dopo dalle forze dell'ordine: in casa sua sono stati trovati anche i vestiti che indossava durante la rissa, su cui sono state individuate tracce di sangue oltre a un coltello a serramanico che potrebbe essere l'arma usata nello scontro.