Accende un braciere in casa e intossica la moglie, per la Procura non è stato un incidente ma tentato omicidio

Una famiglia era stata soccorsa in casa a Como per un principio di intossicazione da monossido di carbonio lo scorso 26 gennaio. Il gas letale era stato sprigionato da un braciere che il padre, un 50enne, aveva detto di aver acceso in camera da letto per scaldare l'appartamento. Per la Procura, però, non si sarebbe trattato di un incidente, quanto piuttosto di un tentato omicidio e per questo motivo ha disposto per l'uomo il braccialetto elettronico e l'allontanamento da casa.
Le indagini, durate quasi un mese, sono scattate in seguito alla denuncia della moglie del 50enne. La donna, di 42 anni, era riuscita a salvarsi dall'intossicazione da monossido di carbonio solo grazie a un trattamento in camera iperbarica. Cosa che non si è rivelata necessaria per i tre figli minorenni della coppia, che comunque erano stati trasportati in ospedale in via precauzionale.
Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, la notte tra il 25 e il 26 gennaio il 50enne, operaio tessile di origine tunisina e residente a Como da anni, avrebbe tentato di uccidere la moglie. L'uomo avrebbe acceso il braciere nella camera da letto che condivideva con la moglie nel loro appartamento in una casa popolare del quartiere Breccia per vendicarsi della donna, la quale poche ore prima gli aveva detto di volersi separare da lui.
I soccorsi erano scattati poco dopo le 6 di mattina del 26 gennaio e al loro arrivo nell'abitazione avevano subito rilevato una concentrazione altissima di monossido di carbonio, individuando nel braciere la sorgente. A chiamare il 112 sarebbe stato lo stesso 50enne e per questo motivo nei suoi confronti è stata applicata la misura dell'allontanamento da casa e il braccialetto elettronico, ma non la custodia in carcere.