Abusi nella ginnastica ritmica, l’allenatrice delle Farfalle di Desio a processo sportivo
Comportamenti vessatori nei confronti delle giovanissime allieve di ginnastica ritmica, controllo ossessivo del peso, insulti, punizioni. Con queste accuse la storica e plurimedagliata allenatrice delle Farfalle di Desio (già commissariata) Emanuela Maccarani, con la sua assistente-coach Olga Tishina, è finita anche sotto la lente della giustizia sportiva. Una pista che si aggiunge a quella seguita dalla Procura di Monza, che indaga le due donne per maltrattamenti.
Il procuratore Michele Rossetti contesta nello specifico la possibile mancata "condotta ispirata ai principi di lealtà, imparzialità integrità ed onestà, evitando atti e comportamenti caratterizzati da animosità o conflittualità, mantenendo rapporti improntati a fiducia e collaborazione, ispirati a correttezza trasparenza e reciproco rispetto". Nonché una presunta violazione dei "principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all’attività sportiva".
Le denunce delle campionesse di ginnastica ritmica: "Sei un maiale, vergognati"
Un polverone, quello che ha investito come una nube tossica tutto l'ambiente della ginnastica ritmica nazionale, nato dopo alcune denunce di peso. "Mangiavo sempre meno, ma ogni mattina salivo sulla bilancia e non andavo bene: per due anni ho continuato a subire offese quotidiane", ha raccontato la campionessa Nina Corradini. "Io pesavo sui 55 kg per 1,75 m, ma l’allenatrice aveva sempre da ridire. Avevo imparato che di notte perdevo 3 etti e che un bicchiere d’acqua ne pesava 2. Mi pesavo anche 15 volte al giorno. Non avevo più forze e mi ammalavo. Avevo poco ferro". Oggi ha deciso di rendere pubblici quei momenti di difficoltà. "Questo non è sport. Ora voglio proteggere le bambine più piccole: tutti devono sapere la realtà".
"Ho pensato al suicidio", ha rivelato invece la collega Anna Basta. "Una volta non ho agito perché è entrata una persona in stanza e mi sono scossa. La seconda ero in mezzo alla gente. La mia amata ginnastica da sogno più grande era diventata un incubo. Vivevamo 11 mesi in ritiro e i miei genitori non pensavano fosse così grave la situazione, anche perché quando la vedevo tentavo di sdrammatizzare. Hanno capito davvero la realtà solo quando ho abbandonato l'Accademia. Non pensavano di vedermi così distrutta". Anche lei, adesso, non si stanca di raccontare a gran voce la propria storia. "Appena ho cominciato a parlare ho incrinato molti rapporti. Ci sono state reazioni brutte, però io vado avanti. Lo faccio per le bambine".