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Abedini presenta una nuova istanza per gli arresti domiciliari: chiede il braccialetto elettronico

Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano arrestato su mandato degli Stati Uniti e ora detenuto nel carce di Opera, ha presentato una nuova richiesta per gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, dopo che la prima istanza era stata respinta dalla Procura di Milano.
A cura di Alice De Luca
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Cambia l'appartamento e si aggiunge il braccialetto elettronico nella nuova istanza con cui il legale di Mohammad Abedini Najafabadi ha chiesto per il suo assistito il trasferimento dal carcere agli arresti domiciliari. Le modifiche arrivano dopo che la precedente richiesta, depositata alla fine del 2024, era stata rifiutata dalla Procura generale di Milano, guidata da Francesca Nanni. Secondo la procuratrice, infatti, le condizioni della scarcerazione contenute nella prima istanza, che non prevedeva il braccialetto elettronico, non sarebbero state sufficienti a scongiurare il pericolo di fuga di Abedini.

L'ingegnere iraniano 38enne è stato arrestato all'aeroporto di Milano Malpensa lo scorso 16 dicembre su mandato dell'autorità giudiziaria degli Stati Uniti, che lo ha accusato di aver dato "supporto materiale a un'organizzazione terroristica straniera", dopo che avrebbe fornito componenti elettroniche per la costruzione di droni alla Ircg, il corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche, ritenuta negli Stati Uniti un'associazione terroristica.

In attesa della nuova pronuncia da parte della Procura sull'alleggerimento della misura cautelare, Mohammad Abedini Najafabadi, rimarrà detenuto nel carcere di Opera, a Milano, dove attualmente si trova.

Sul tema è intervenuto durante un'intervista del Tg1 anche il ministro della giustizia Carlo Nordio, che ha definito "prematuro" ogni giudizio definitivo sulla questione, dal momento che le carte necessarie per valutare caso non sono ancora arrivate dagli Stati Uniti. Il ministro ha anche escluso qualsiasi relazione tra il caso di Abedini e quello di Cecilia Sala: “Sono due vicende parallele ma non congiunte”, ha chiarito Nordio, precisando di non aver avuto alcun coinvolgimento nelle questioni relative alla liberazione della giornalista italiana.

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