A Samarate i funerali di Stefania Pivetta e Giulia Maja. La famiglia: “Ora viviamo per Nicolò”
“Quando mio figlio Mirko me l’ha detto sono state come tre coltellate: una per Stefy, una per Giulia e la terza, forse la più dolorosa, per Nicolò. Chiedo a tutti voi qui presenti e ai tantissimi italiani che ci stanno dimostrando la loro vicinanza di pregare per lui, perché ritorni a casa”. Non si dà pace, Giulio Pivetta, che ai funerali della figlia Stefania e della nipote Giulia lancia un appello per il nipote 23enne Nicolò, ancora ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Varese, dopo che suo padre, Alessandro Maja, nella notte fra il 3 e il 4 maggio ha cercato di infliggergli la stessa sorte toccata alla mamma e alla sorella.
Da dieci giorni il paese in lutto
Una piazza di paese trasformata, nel giro di una mezzora, in obiettivo conteso da decine di fotocamere, i cui flash sono comunque meno accecanti della rabbia che una decina di giorni fa ha alimentato la ferocia dell’architetto milanese Alessandro Maja. Il sindaco di Samarate, Enrico Puricelli, ne parla senza perifrasi come di “un assassino” e dal giorno della tragedia ha proclamato il lutto cittadino, rispettato da attività sociali e commerciali.
Nicolò stabile ma ancora in pericolo
Al centro il dolore di una famiglia distrutta e il tentativo di proteggere quello che ne resta: “Siamo sempre stati tutti molto uniti, abbiamo fatto vacanze insieme di cui ho ricordi bellissimi – dice Giovanna Pivetta, sorella di Giulio Pivetta e quindi zia di Stefania e di Giulia – proprio per questo nessuno di noi ora riesce a capacitarsi di quanto è accaduto. Ci chiediamo il perché e tutti i nostri sforzi sono per Nicolò, che è stabile ma resta in pericolo di vita”.
Il parroco: “Perché non hai fermato la sua mano?”
“Dobbiamo avere paura di noi stessi, perché il male è arrivato così in profondità, fino alla famiglia e Tu non hai fermato la sua mano? – chiede il parroco di Samarate don Nicola Ippolito – Non abbiamo risposte, ma siamo aggrappati a quella croce, che non è l'ultimo atto, perché noi sappiamo che il Cristo è risorto e che ritroveremo Giulia e Stefania”.
La lettera della II G
Quello che forse le avrebbero raccontato tra una lezione e l’altra o sull’autobus al mattino i compagni di classe di Giulia, la II G del liceo di viale dei Tigli, glielo dicono in una lettera, letta durante la messa da un’insegnante: “Non vogliamo ricordarti come una vittima, ma come un’amica, come la ragazza solare con cui bevevamo il tè alle macchinette, con cui facevamo progetti per il futuro e con cui ci lamentavamo di quella vita monotona che oggi rivorremo indietro, pur di avere ancora tempo con te”.
Al termine della cerimonia amici e parenti firmano le bare e alcuni ragazzi fanno volare decine di palloncini colorati. Alcuni si impigliano però fra i rami degli alberi nella piazza, quasi a voler restare. Come Stefania e come Giulia.