Inchiesta Milano-Cortina, chiesta l’archiviazione: ma per i pm il decreto del Governo su Fondazione è incostituzionale

La Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione delle indagini a carico di alcuni responsabili accusati di corruzione e turbativa d'asta, nell'ambito di alcuni appalti assegnati dalla Fondazione Milano Cortina in vista delle Olimpiadi invernali. Allo stesso tempo, però, i pm hanno chiesto al gip di poter inviare gli atti alla Consulta per accertare la costituzionalità del decreto legge con cui il Governo ha stabilito che la Fondazione Milano Cortina è un ente di diritto privato e non pubblico. Si tratta di un nodo fondamentale, dal momento che il provvedimento ha avuto l'effetto di bloccare le indagini per il reato di corruzione di pubblico ufficiale.
Già a luglio dell'anno scorso, dopo il ricorso di uno degli indagati contro perquisizioni e sequestri avvenuti a maggio, la procuratrice aggiunta di Milano Tiziana Siciliano aveva definito "di una gravità inaudita" ed "illegittimo" il decreto legge. Su questo punto anche il pm Marcello Viola aveva spiegato che l'ente "sebbene si qualifichi, in forza di una norma di rango primario, come ‘ente non avente scopo di lucro e operante in regime di diritto privato', in realtà abbia una natura sostanzialmente pubblicistica, perseguendo uno scopo di interesse generale, con membri, risorse e garanzie dello Stato e di enti locali".
Della stessa idea si era dimostrata anche l'Anac, l'Autorità nazionale anticorruzione, che in un approfondimento aveva specificato che la Fondazione si qualifica come ente di diritto pubblico: gli organi di direzione, infatti, sono di nomina pubblica, persegue un interesse pubblico di portata generale e non incorre in alcun rischio d'impresa, dato che gli eventuali deficit di bilancio sono a carico di Stato ed enti territoriali.
Chiarire se la Fondazione sia un ente pubblico o privato è fondamentale all'interno dell'inchiesta dei pm milanesi Francesco Cajani e Alessandro Gobbis sulle presunte irregolarità nella gestione degli appalti. Secondo gli inquirenti, infatti, la Fondazione avrebbe sfruttato la natura di ente privato per affidare incarichi per servizi digitali in modo diretto, senza cioè ricorrere a gare d'appalto pubbliche.
Tutto questo sarebbe stato possibile grazie al decreto del governo che ha definito la Fondazione un ente privato, e ha così impedito di portare avanti le indagini per l'ipotesi di corruzione a pubblico ufficiale. Proprio da questa impossibilità a procedere deriva la richiesta di archiviazione da parte dei pm, che però, allo stesso tempo, hanno chiesto che la Corte Costituzionale valuti la legittimità di questo decreto.
Secondo i magistrati, infatti, ci sarebbe stata da parte del Governo una "indebita ingerenza" con "ripercussioni dirette sull'attività investigativa" e sulle indagini. Quella che nell’atto di archiviazione i pm definiscono una "norma interpretativa" avrebbe impedito "non solo un'attività di intercettazione telefonica, ritenuta necessaria anche dalla Guardia di Finanza" ma anche "la possibilità di richiedere un sequestro preventivo delle somme di denaro che, allo stato, possono ritenersi profitto di reato di entrambi i reati di turbativa d'asta, con correlativo danno" per la Fondazione.
Se la Consulta riconoscerà la natura pubblica della Fondazione, i pm potranno andare avanti nelle indagini, in particolare sul reato di corruzione.