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Provano a installare telecamere nei taxi di Milano per vendere immagini all’intelligence russa: chiesto il processo

La Procura di Milano ha chiesto il processo per due imprenditori brianzoli accusati di corruzione del cittadino da parte dello straniero aggravato. Secondo le indagini, avrebbero venduto informazioni all’intelligence russa.
A cura di Enrico Spaccini
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Il pm della Procura di Milano Alessandro Gobbis ha richiesto il rinvio a giudizio per due imprenditori brianzoli accusati di corruzione del cittadino da parte dello straniero aggravato "dalla finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico". Si tratta di un 35enne e di un 63enne che sarebbero stati pagati dall'Fsb, l'intelligence civile russa, per vendere informazioni riservate acquisite in vari modi. Tra questi, l'installazione di nuove telecamere nelle strade di Monza che sarebbero state gestite "da remoto" da Mosca e nei taxi di Milano per "fornire la mappatura dei sistemi di videosorveglianza e delle zone grigie" della città. L'udienza preliminare è stata fissata a maggio.

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Le strategie per acquisire informazioni da vendere all'intelligence russa

Stando a quanto ricostruito dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros, sarebbe stato il 35enne nel marzo del 2023 a proporsi a un agente dell'intelligence russa per vendere informazioni riservate. La strategia sarebbe stata quella di operare su più fronti: il dossieraggio, la ricerca di documenti riservati, l'infiltrazione nelle istituzioni politiche e l'installazione di telecamere. Il primo sarebbe andato a buon fine. Secondo la Procura, il 35enne e il 63enne avrebbero effettuato un lavoro di dossieraggio ai danni di un esperto di droni che aveva avuto un passato lavorativo in Russia.

Sarebbero falliti, invece, i tentativi di entrare in possesso di carte classificate della Nato e la realizzazione di una rete di telecamere sui taxi di Milano e nel territorio di Monza. Come riportato da La Repubblica, la strategia sarebbe stata quella della "infiltrazione nelle istituzioni politiche locali" brianzole: una volta all'interno degli organi politici, sarebbe stato più facile promuovere l'installazione di nuova videosorveglianza facendo leva sul tema della sicurezza. Lo scopo dell'operazione sarebbe stato quello di acquisire immagini di "obiettivi militari sensibili", di "zone grigie" e "la mappatura dei sistemi di videosorveglianza".

Tra il 25 gennaio 2024 e il 3 aprile, i due indagati avrebbero incassato un pagamento da parte dell'Fsb, "o da una sua entità di copertura", pari a 2mila euro in bitcoin. Pochi giorni più tardi, lo stesso 35enne si è presentato davanti ai carabinieri della Stazione di Nova Milanese per delle "dichiarazioni spontanee" che hanno fatto partire le indagini.

Le accuse della Procura e la richiesta di processo

Per i pm, l'attività messa in atto dai due indagati sarebbero state "funzionali alla realizzazione di azioni di sabotaggio, così come avvenuto in altri Paesi europei". Il pagamento di 2mila euro in bitcoin sarebbe stato corrisposto in seguito ad "atti contro gli interessi nazionali" e a quelli se ne sarebbero aggiunti altri se la presunta collaborazione non si fosse interrotta.

La Procura di Milano ha chiesto, dunque, il processo per i due imprenditori di 35 e 63 anni. Il giudice deciderà in merito a maggio.

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