Dalle terapie intensive ai camion di Bergamo: i ricordi della pandemia a cinque anni dal lockdown

"Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l'espressione Io resto a casa. Ci sarà l'Italia come zona protetta": con queste parole, la sera del 9 marzo 2020, l'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il lockdown per affrontare la pandemia da Coronavirus.
Un momento drammatico per tutto il Paese: la conta quotidiana dei contagi e dei morti da Covid-19, le terapie intensive piene, una nazione in ginocchio, che dipendeva dalle poche pagine di un Dpcm. Con il lockdown, non si poteva uscire di casa se non con un'autocertificazione, per motivi di lavoro, di salute o per fare la spesa.
Tutto il resto chiudeva: negozi, scuole, ristoranti, eventi pubblici di ogni tipo. È stato così per due mesi, fino all'inizio di maggio quando sarebbe iniziata la "fase 2" con le riaperture graduali. Il lockdown è stato il tentativo estremo di limitare i contagi e alleggerire la pressione sulle terapie intensive degli ospedali.

"Verso il lockdown avevamo assoluta speranza" spiega a Fanpage.it Roberto Cosentini, il primario del pronto soccorso del Papa Giovanni XXII di Bergamo, l'ospedale simbolo della lotta alla Covid. Ma come si arrivò a quella decisione?
La fuga al sud e il lockdown
Dopo i primi casi registrati in provincia di Lodi – Codogno è stata la prima città italiana nella geografia del Covid – tra sabato e domenica 23 febbraio il governo di Giuseppe Conte decise di chiudere le prime città per contenere i contagi: il virus si trasmetteva con grande facilità, da qui la linea dura. Stop agli assembramenti nei comuni del Basso lodigiano, controlli in entrata e uscita. Fanno la loro comparsa i primi checkpoint.

Ma se le luci sono puntate su quei comuni, è in provincia di Bergamo che il coronavirus farà la sua strage. Nel giro di una decina di giorni i comuni di Nembro e Alzano, nella Val Seriana, sono stati registrati numeri preoccupanti e soprattutto tanti casi di di polmonite bilaterale negli ospedali. In un periodo in cui i tamponi scarseggiavano, i numeri ufficiali dei contagi non restituivano la drammaticità della situazione.
Il 7 marzo a Nembro ci sono stati dieci funerali in un giorno: era il sabato in cui si sarebbe dovuto decidere la zona rossa per tutta la Lombardia. Prima che questa diventasse ufficiale, si è innescata la grande fuga al Sud. Chi poteva, soprattutto studenti fuorisede e pendolari, ha lasciato Milano con i treni presi d'assalto. Nel giro di 48 ore la zona rossa si è estesa a tutta Italia con il Dpcm del 9 marzo: il virus circolava ormai in tutto il Paese.
I camion di Bergamo
Con milioni di italiani a casa c'era solo da aspettare che il lockdown desse i i risultati sperati e dopo qualche settimana, raggiunto il picco nei primi di aprile, i numeri di contagiati e vittime ha iniziato lentamente a scendere. Prima però ci sono state le immagini drammatiche dei camion dei militari di Bergamo. Nel cimitero della città c'erano troppe bare e non si riusciva a cremare tutte le salme. Il 18 marzo le bare sono state trasportate dai militari fuori regione. L'immagine dei camion in fila al semaforo prima di uscire dalla città ha fatto il giro del mondo.

"Oggi abbiamo 25 funerali", aveva raccontato a Fanpage.it il 18 marzo Roberta Caprini cotitolare di un'agenzia di onoranze funeri a Ranica, provincia di Bergamo. L'abbiamo incontrato cinque anni dopo. Tornando ai giorni di Bergamo al centro del mondo ci spiega che, proprio grazie al suo lavoro "siamo stati i primi a renderci conto di quello che stava succedendo, da subito abbiamo visto il moltiplicarsi dei morti, da dieci a venti a cinquanta, solo in quel mese di marzo la mia azienda fece 1200 funerali".
"Il nostro è un lavoro di cura" per ogni famiglia, ci spiega Caprini, "nonostante la frenesia e i numeri molto alti, i legami con le famiglie di quel periodo sono durati tantissimo, perché con i tempi dilatati siamo stati in contatto con le famiglie per mesi, nessuno di noi si è fermato". E cinque anni dopo, quella cura non si affievolita di un grammo.