Roberto Saviano e l’indagine sulla ‘ndrangheta: “Il centro economico criminale in Italia è la Lombardia”
Lo scorso 5 dicembre la polizia di Stato e la Guardia di Finanza hanno eseguito 25 misure cautelari ai danni di una presunta associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa in territorio bresciano. Nel mirino dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia c'è la cosca di ‘ndrangheta Tripodi, i suoi alleati e i suoi affari. A spiegare e analizzare per Fanpage.it cosa gli inquirenti hanno scoperto è Roberto Saviano.
"Si crede, erroneamente, che l'impero delle organizzazioni mafiose risieda nel Sud Italia. Non è così. Il Centro economico criminale del nostro Paese è la Lombardia. La Lombardia è la regione con più capitali criminali d'Italia, in misura maggiore il Nord Italia è il vero territorio su cui insiste l'economia mafiosa. Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Liguria.
Le organizzazioni criminali investono nel Nord Italia da sempre. Già dagli anni ‘80 hanno portato i loro capitali, ma nei decenni che portano sino al nostro tempo si è rafforzata una struttura economica in grado di controllare intere filiere. Grande distribuzione, supermercati, edilizia, ciclo dei rifiuti, pompe di benzina.
La forza economica delle organizzazioni del Nord Italia è sempre più forte, eppure il percepito è che sia un problema meridionale e ancor più c'è la percezione che il vero problema criminale siano gli immigrati clandestini che rendono insicure le stazioni e insicure le strade".
Ecco quindi che la recente inchiesta della Procura di Brescia ha dimostrato "quanto il problema criminale sia tutt'altro che circoscrivibile all'insicurezza di migranti in strada o di clandestini che spacciano alla stazione, ma che il problema criminale risieda nelle dinamiche di potere politico, economico e religioso".
Qualunque sarà il destino di questa indagine – che sarà chiaramente il tribunale a valutare – "le dinamiche raccontate sono l'esempio archetipico per mappare il potere delle mafie nel Nord Italia, in questo caso della ‘ndrangheta in Lombardia". Ma chi sono i protagonisti di questa inchiesta?
L'inchiesta di Brescia si concentra sul boss Stefano Tripodi, originario di Vibo Valentia: "Si tratta di un boss vero – spiega Saviano -. Uso questa espressione, ‘boss vero', perché i media tendono a definire boss chiunque, l'affiliato, il killer, il fiancheggiatore e il complice. Insomma, tutti boss".
L'inchiesta però viene conosciuta in Italia soprattutto perché è coinvolta una suora: suor Anna Donelli. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni degli inquirenti, Tripodi terrebbe a sottolineare che considera la religiosa "a sua disposizione per recapitare in carcere messaggi agli affiliati". Suor Anna Donelli lavora infatti come volontaria nel carcere tra Milano e Brescia.
"Leggendo le carte – continua Saviano – è difficile capire se suor Anna è manipolata, cioè di fatto lei pensa di aiutare per redimere e spesso succede così, la prossimità con i mafiosi deve esserci se li vuoi cambiare, o se in verità è complice". Ma c'è di più: "Mentre lei è negli uffici di Tripodi, parla di sua nipote che avrebbe avuto un incidente, credo stradale, e riporta che la nipote è molto in ansia per questo incidente. Ma poi aggiunge: ‘Le ho detto, mi rivolgo ai miei amici che risolveranno la situazione'". Questo vuol dire che "sembra che lei sia consapevole della capacità intimidatoria dell'organizzazione, ma nelle carte d’inchiesta non è specificato per quale ragione lei dovrebbe aiutare il clan Tripodi. Per soldi? Per potere?".
"Fatto sta che il boss la considera a completa disposizione. ‘É dei nostri', dice, e nella storia della criminalità organizzata italiana, è la seconda suora coinvolta attivamente in un'indagine di mafia. L'altra risale al lontano 1983, suor Aldina Murelli, accusata dalla Procura di Napoli di essere l'anello di collegamento tra Nuova Camorra Organizzata e carceri. Secondo le accuse, lei prendeva all'epoca 500.000 lire a servizio".
L'inchiesta di Brescia svela anche altro. Ovvero "l'incontro con un politico, Mauro Galeazzi, ex consigliere della Lega di Castel Mella, provincia di Brescia. Mauro Galeazzi è un imprenditore in difficoltà: ha sì appalti, già vinti, ma non ha la forza economica per poter ottemperare a quegli appalti". E com'è possibile?
"È possibile perché soprattutto dopo il Covid, il sistema bancario dei crediti alle imprese in Italia è incredibilmente miope e mancante. Mi spiego meglio, le piccole imprese, che sono assolutamente la forza dell'economia italiana, si trovano in una situazione di affanno. Cioè se non rientrano, con un fido bancario intendo per un solo mese, la banca spegne i crediti. Succede spesso, spessissimo", dice Saviano.
"Ho più volte intervistato imprenditori in questa difficoltà, imprenditori che sono stati sani e sempre puntuali, che però entrano in affanno e quindi non riescono a rientrare perché non venendo pagati a volte anche dallo Stato, i mesi per poter rientrare col debito aumentano. In passato, essendoci gli sportelli in provincia, il direttore di banca conosceva e mappava la storia di quell'azienda a cui aveva concesso crediti. Adesso avendo gli istituti di credito mantenuto le banche solo nelle grandi città, non c'è un contatto diretto, c'è solo l'algoritmo che vede che quell'impresa non sta rientrando. Questo sapete cosa porta? Porta che la piccola e media impresa appena è in crisi si rivolga alle organizzazioni criminali che stanno da anni, soprattutto dopo la crisi generata dal Covid, entrando nel tessuto economico italiano completamente".
Nel caso quindi di Brescia quando "Galeazzi chiede soldi a Tripodi, quest'ultimo glieli concede. Nelle intercettazioni Tripodi dice gli do 5mila euro al mese e me ne danno tre al mese ogni 5mila euro, tre al mese". In questo modo "Tripodi crea anche un sistema per cui se manchi per un mese di pagargli gli interessi del prestito ti multa di 2mila euro da caricare agli interessi che gli devi. A un certo punto Galeazzi è in una situazione complicata ma c'è una soluzione per Tripodi e buona anche per Galeazzi, a quanto emerge da questa inchiesta". Ovvero "la possibilità di trasformare Galeazzi in un referente politico dell'organizzazione criminale. Galeazzi quindi si candiderà a sindaco di Castel Mella, ma prima di iniziare la campagna elettorale si reca negli uffici di Tripodi e Tripodi dice senza mezzi termini, ‘dove posso mangiare con te politico?'. Galeazzi ipotizza le RSA, il settore sanitario, l'assistenza agli anziani. Lì c'è la possibilità di guadagnare molto: gli prospetta questo".
"Forse Tripodi non è completamente persuaso dell'argomentazione di Galeazzi. Di fatto poi non investirà per farlo eleggere sindaco. Darà sostegno a quanto emerge dall'inchiesta, ma sembra più un sostegno laterale che davvero convinto. Galeazzi non diventerà sindaco di Castel Mella".
Ma c'è dell'altro emerso di importante da questa inchiesta: "Tripodi prima di investire su un imprenditore politico, vuole che questi sia capace, sia formato. Non si diventa referente di un'organizzazione criminale se non si è pronti e capaci. E quindi gli dà un'indicazione, il boss Tripodi dice a Galeazzi, ‘strofinati a un uomo nostro'. Quest'uomo a cui fa riferimento è Giovanni Acri, politico in quota Fratelli d'Italia". Ma cosa vuol dire strofinarsi?
Lo spiega Roberto Saviano: "Strofinare non è un termine pronunciato a caso. Strofinare significa stargli accanto, tenere il suo odore addosso, ma se non serve più, immediatamente togliere la polvere. Se serve invece conservare quella prossimità. Strofinare non è quindi unisciti, diventi amico, alleati, imparentati, no. L'Italia è basata a qualsiasi livello sullo strofinarsi. Il medico Giovanni Acri di Fratelli d'Italia, secondo le accuse, si era dimesso dal Consiglio comunale di Brescia per lasciare spazio a un uomo di Carlo Fidanza. Quest'uomo era Giangiacomo Calovini e in cambio, sempre secondo le indagini della magistratura, suo figlio Jacopo, il figlio del medico Giovanni Acri, è stato assunto come assistente del capo delegazione di Fratelli d'Italia al Parlamento europeo".
Il boss sa di chi può fidarsi: "Stefano Tripodi, quando parla con la sua banda, per considerare il politico di Fratelli d’Italia Giovanni Acri, affidabile, racconta che come medico ha assistito un membro di una banda che aveva fatto un assalto al portavalori ed era rimasto ferito in uno scontro a fuoco ed era stato, nell’assisterlo, molto preciso. Lo aveva curato e questo membro della banda era tornato come nuovo, pulito, pulito, dice Tripodi ai suoi".
"Allo stesso modo, mentre parla sempre ai suoi fidati è infastidito del fatto che lui possa essere considerato un uomo d'onore, semplicemente, come dire, uno dei tanti. Svela, e sappiate che questo è cosa rara, di essere appartenente alla Santa, ovvero una delle doti più importanti della società maggiore della ‘ndrangheta. La Santa è formata soltanto, anche se adesso sembra trasformata, ma in linea di principio solo da 33 membri. Quanto gli anni di Cristo. Questi 33 membri possono fare ciò che è vietato agli altri affiliati interagire con polizia, interagire con giudici, interagire con politici senza chiedere autorizzazione. È proprio quello che fa Tripodi". Nel dettaglio cosa vuol dire?
"I Tripodi quando nascono, nascono affiliati. Non c’è il rito della punteggiatura, della santina, della presentazione in gruppo. Non c'è nessuno che deve garantire per loro, il loro sangue è così importante da renderli già picciotti. Quando un bambino nasce, nasce già se ha il cognome Tripodi, picciotto. E racconta di questo episodio, di quando un suo nipote nasce
viene battezzato in chiesa e la mamma si spaventa perché entrano due figure, prendono il bambino dalle braccia del prete e, secondo rituale, subito dopo la fonte battesimale, deve esserci il battesimo che ti rende membro della famiglia. Il rituale del battesimo del bimbo di ‘ndrangheta si fa – lo racconta Antonio Zagari – mettendo accanto alle manine del bambino una chiave e un coltello. Se il bambino tocca la chiave è sbirro, la chiave è simbolo dei cancelli che vengono chiusi, la prigionia, e il coltello, simbolo d'onore".
"Quasi sempre la chiave gli viene messa distante delle manine e il coltello in prossimità delle dita. Quindi il bambino tocca il coltello. Così è battezzato picciotto d'onore. Stefano Tripodi è uno ‘ndranghetista di potere e dietro le strategie politico imprenditoriali di una provincia come quella di Brescia, c'è lui e non solo lui".