Condannato a 4 anni Leonardo Caffo, il filosofo accusato di maltrattamenti e lesioni sull’ex compagna

È stato condannato a quattro anni di carcere il filosofo e scrittore Leonardo Caffo, imputato a Milano per maltrattamenti e lesioni nei confronti dell’ex compagna. I giudici hanno poi escluso due aggravanti tra quelle contestate. Dovrà risarcire 45mila euro.
A cura di Ilaria Quattrone
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Nella giornata di oggi, martedì 10 dicembre, i giudici del tribunale di Milano hanno condannato a quattro anni di carcere Leonardo Caffo, il filosofo e scrittore 36enne accusato di maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti dell'ex compagna. L'uomo, nei giorni scorsi, era finito al centro della cronaca dopo che si era spontaneamente sottratto all'invito alla Fiera romana dell'editoria "Più libri più liberi" diretta da Chiara Valerio a Roma.

La Procura aveva chiesto invece una condanna a quattro anni e mezzo di carcere senza la concessione delle attenuanti generiche. I giudici, invece, lo hanno condannato a quattro anni di reclusione, al risarcimento delle parti civili per 45mila euro complessivo e lo ha interdetto dai pubblici uffici per cinque anni.

Hanno poi escluso due delle tre aggravanti contestate (una del reato di maltrattamenti sulla ex compagna dal 2020 al 2022 e l'altra per lesioni). Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra novanta giorni.

"Questa sentenza conferma una verità che per quasi due anni ho cercato di far emergere, affrontando innumerevoli difficoltà sul piano personale, legale e mediatico", ha commentato l'ex compagna. "Ma chiunque denunci situazioni simili si scontra con un sistema che troppo spesso manca di strumenti adeguati per supportare le vittime. Mentre le vittime di violenza continuano a pagare il prezzo di una profonda carenza nell'educazione sentimentale, di una cultura ancora permeata da pregiudizi. Vorrei che questa vicenda fosse da spunto per riflettere su quanto ci sia ancora da fare per prevenire e contrastare realmente la violenza".

Le parole di Leonardo Caffo dopo la sentenza

Dopo la lettura della sentenza, Caffo ha affermato: "Va bene colpirle uno per educarne mille, speriamo educhino gli altri mille. Io sono stato uno". Ha poi aggiunto: "Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per cercare di stare con mia figlia e ho senz'altro fallito. Tornando indietro, se dovessi cambiare la cosa che andava cambiata non sarebbe nata mia figlia e sono felice che sia in vita. Auguro a lei e alla madre tutto il bene possibile perché il bene non si cancella".

Ha poi specificato che ricorrerà in Appello: "Cercheremo di provare a raccontare una verità diversa, in primo grado non siamo riusciti. Il futuro che vedo è pessimo e mi spiace profondamente per le persone coinvolte". Ha infine affermato: "Non sono belligerante, non lo ero prima e non lo sarò dopo, ho un'enorme capacità di incassare merda e continuerò a incassarla".

Elena Tomayer, l'avvocata che difende l'ex compagna, ha detto: "Oggi abbiamo messo un punto importantissimo, ringrazio la magistratura che in aula ha fatto il suo dovere. La mia cliente è molto stanca, molto provata. Questa sentenza ci dice che le donne devono assolutamente denunciare: la giustizia c'è".

Gli avvocati difensori invece Romana Perin e Filippo Corbetta hanno commentato la decisione di primo grado: "Siamo delusi dalla sentenza di condanna. Restiamo convinti dell'innocenza di Leonardo. Attendiamo di leggere le motivazioni dopo di che prepareremo l'atto di appello".

La testimonianza della ex compagna

La donna ha presentato denuncia nel luglio 2022. In una delle udienze, ha testimoniato come parte lesa e ha raccontato che la relazione con Caffo sarebbe iniziata nella primavera del 2019. In estate avrebbe però manifestato l'intenzione di lasciarlo, ma l'uomo l'avrebbe aggredita: "Dopo che ha cercato di strangolarmi, io gli ho detto "pensavo volessi uccidermi" e mi ha risposto "io in quelle situazioni vorrei ucciderti", ha raccontato.

Sempre ai magistrati, avrebbe spiegato di aver subito violenze che l'accusa stessa ha definito "raccapriccianti e umilianti". "Mi diceva continuamente che mi dovevo ammazzare perché sono una fallita, che facevo un favore a tutti", ha proseguito durante la sua testimonianza. Ha poi ripercorso un altro episodio particolare in cui "mi ha preso la testa e me l'ha sbattuta contro il finestrino, rompendolo, e contro lo specchietto". Dopo ogni episodio "mi chiedeva scusa, poi è passato al dirmi "te lo sei meritata" e alla fine che la colpa era mia". Quando ha saputo della denuncia, le avrebbe detto "che contro di lui nessuno mi avrebbe creduta, che mi avrebbe fatta passare per pazza, che non sapevo come funzionavano le cose legali". 

Femministe davanti a Tribunale Milano per processo Caffo

Durante l'udienza fuori dal Tribunale di Milano le attiviste "femministe antispeciste" si sono riunite in protesta. Le attiviste, che poi hanno anche presenziato in aula e assistito alla lettura del dispositivo, hanno esposto uno striscione nero con scritto in rosa "Sorella, io ti credo".

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