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Perché è così difficile ritrovare il corpo di una persona dispersa in un lago: “È come se l’acqua li trattenesse”

Le ricerche di una persona dispersa in un lago sono complesse: le informazioni sono fondamentali, così come la profondità, la conformazione del lago e l’acqua dolce di cui è composto. Nonostante questo, circa il 90/95 per cento delle ricerche condotte dal Nucleo sommozzatori di Milano vanno a buona fine.
Intervista a Paolo La Scala
Ispettore sommozzatore responsabile del nucleo sommozzatori dei Vigili del fuoco di Milano
A cura di Matilde Peretto
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Sono diverse le persone disperse nei laghi che non sono mai state ritrovate. Questo, nonostante le precise e professionali ricerche dei sommozzatori dei Vigili del fuoco. Gli stessi che stanno cercando da mesi la giovane turista tedesca Chiara Lindl nelle acque del Lago di Iseo oppure Tommaso Zhu, caduto da una barca lo scorso sabato 22 giugno mentre si trovava sul Lago di Garda. Ma perché è così difficile ritrovare le persone disperse nei laghi e, soprattutto, come si svolgono le ricerche da parte degli esperti sommozzatori? Paolo La Scala, ispettore sommozzatore responsabile del nucleo sommozzatori dei Vigili del fuoco di Milano, intervistato da Fanpage.it, ha spiegato come funziona il suo lavoro.

I sommozzatori dei Vigili del fuoco (foto di Paolo La Scala)
I sommozzatori dei Vigili del fuoco (foto di Paolo La Scala)

Ispettore La Scala, come si svolgono le ricerche di una persona che risulta dispersa in un lago? 

La squadra del nucleo dei sommozzatori più vicina (la sede è a Milano, ma ha copertura regionale) si reca sul luogo dell'intervento. La prima cosa che si fa è raccogliere più informazioni possibili sull'incidente quindi sul punto esatto in cui è scomparsa la persona, le testimonianze dei presenti che potrebbero aver visto qualcosa, l'analisi di imbarcazioni (se coinvolte) e degli strumenti di bordo.

Poi, si delimita un'area di ricerca. In base alla grandezza di questa zona, si utilizzano degli strumenti invece che altri. Va fatta subito una distinzione importante sulla profondità: da zero a 50 metri scendiamo noi sommozzatori, oltre quella quota (fino anche a 400 metri) utilizziamo le macchine, ovvero dei robot filo-guidati (ROV). Questo strumento viene controllato dalla superficie e, grazie a videocamere, luci, sonar e un braccio meccanico capace di recuperare oggetti o persone, le ricerche proseguono.

Quali sono i fattori di difficoltà che si riscontrano durante le ricerche? 

Una grossa difficoltà è quella dell'incertezza del punto di ricerca. Succede spesso che si parte da un punto perché i testimoni hanno indicato quel luogo, ma poi si scopre che non è quello esatto. Questo perché le persone non hanno l'abitudine di ricercare dei riferimenti e dare delle informazioni precise. Se il punto indicato non è quello esatto, le ricerche si prolungano e diventano complesse. Le informazioni sono fondamentali. Altre difficoltà nei nostri laghi (di natura montana) non ce ne sono.

Un problema potrebbe essere la forma di questi bacini. Il lago di Iseo, come quello di Como o di Garda hanno una forma un po' a imbuto. Le montagne scendono dritte sul lago e proseguono in profondità. Avendo questa forma, un oggetto che cade vicino alla riva può scivolare verso la parte centrale dell'imbuto fino ad arrivare sul fondo. Ci è capitato di recuperare dei corpi caduti a riva e ritrovati anche a 100 metri di profondità e lontani 200 metri dal bordo dell'acqua.

Mentre le correnti che ci sono in questi laghi non sono in grado di spostare gli oggetti ed è raro che riescano a spostare un corpo.

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L'utilizzo dei cani molecolari impiegati, per esempio, nelle ricerche di Chiara Lindl (la ragazza tedesca ancora dispersa nel Lago d'Iseo), come possono aiutare voi sommozzatori? 

In nessun modo. I cani molecolari sott'acqua non riescono a trovare alcuna traccia. Si può pensare che la possano trovare sulla terraferma, ma in acqua no. Nel caso di questa ragazza è stato fatto un lavoro enorme che ha impiegato molto tempo. La zona di ricerca era vastissima, la profondità era tanta e abbiamo fatto davvero un grande lavoro. Nonostante ciò, la ragazza non è ancora stata trovata.

È possibile che gli oggetti o i corpi rimangano impigliati o nascosti sul fondale del lago? 

Sì, è possibile. Noi ci siamo dati questa spiegazione in più occasioni, ad esempio nel caso di Chiara Lindl. A un certo punto, in un'area di ricerca, c'era tanta vegetazione portata da dei canali immissari. Nel caso in cui il corpo si nasconda dietro la vegetazione, come in ramo ad esempio, le macchine non riescono a individuarlo. Non riescono ad avvicinarsi anche perché potrebbero danneggiarsi.

È vero che l'acqua dolce del lago non aiuta nelle ricerche? 

Sì, in acqua dolce ci sono più difficoltà. L'acqua salata di mare ha una spinta verso l'alto quindi i corpi, a un certo punto, riescono a risalire a galla anche da soli. Nel lago no, questo non succede. L'acqua dolce li trattiene e i fondali di natura mobile, quindi fangosi e sabbiosi, creano una specie di effetto ventosa ed è come se i corpi venissero trattenuti. Più si va in profondità, poi, più è difficile recuperare un corpo.

Quante delle ricerche che conducete vanno a buon fine?

Noi di Milano abbiamo fatto tante ricerche, siamo il nucleo di sommozzatori che ne fa di più in Italia. Il 90/95 percento degli interventi che facciamo vengono risolti. Anche se le difficoltà sono elevate riusciamo comunque a individuare le persone scomparse.

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