Tutte le volte della Regina Elisabetta a Milano: quali luoghi ha visitato la sovrana del Regno Unito
La prima volta a Milano è stata nel 1961, durante un lungo tour in Italia. Da poco Regina, Elisabetta visitò le città simbolo della Penisola: Roma, Firenze, Torino, Venezia, Napoli. E Milano, naturalmente. Qui salutò i milanesi sfilando per le vie del centro, per poi affacciarsi sorridente sul balcone di Palazzo Marino.
La seconda visita nel capoluogo lombardo nel 2000, durante il Grande Giubileo. E in ambedue gli appuntamenti la Regina Elisabetta ha insistito per visitare un luogo in particolare. Sempre e solo lui: il tempio della lirica mondiale, il Teatro alla Scala.
Il Teatro alla Scala
Irrinunciabili i velluti del Piermarini per la sovrana britannica che oggi, all'età di 96 anni, ha lasciato il trono d'Inghilterra e un'intera nazione (se non un intero pianeta) nello sgomento. La visita che ha lasciato il segno, quella dell'ottobre del 2000: in abito celeste e guanti bianchi, Filippo di Edimburgo come sempre al suo fianco.
Quel pomeriggio del 18 ottobre, sul palco reale insieme a loro ci sono i ministri dell'epoca, Patrizia Toia e Enrico Letta, cicerone d'eccezione grazie all'inglese impeccabile. C'è Umberto Veronesi, il prefetto Bruno Ferrante, il governatore Roberto Formigoni, la presidente della provincia Ombretta Colli, il sindaco Gabriele Albertini e l'ambasciatore inglese del tempo.
Il concerto in onore della Regina
Dirige l'orchestra il maestro Riccardo Muti, in programma c'è "In the South" dell'inglese Edward Elfar e "I pini di Roma" di Ottorino Respighi. Inaugurate dall'inno inglese "God save the Queen", seguito dall'Inno di Mameli: un abbraccio musicale tra la nazione d'Oltremanica e l'Italia. Un breve concerto, interrotto da continui applausi del pubblico.
L'amicizia con Riccardo Muti
Raccontò poi, il maestro Riccardo Muti, di un curioso aneddoto avvenuto dietro le porte del camerino. "A fine spettacolo la Regina aveva espresso il desiderio di conoscermi in un colloquio riservato, dentro il mio ufficio", raccontò a La Reppublica. "Così mi sono messo davanti alla porta, sentivo che era arrivata, era bellissimo".
E aggiunse: "Il tappeto del mio ufficio copriva un piccolissimo gradino davanti alla porta e mi sono ricordato che molte persone entrando, come si dice a Ravenna, ‘scapuzzavano‘. In quel momento ho pensato allora alla Regina, e come lei è entrata ho semplicemente detto watch your step. Lei allora ha fatto un grande sorriso. Si è sentita immediatamente a suo agio, e si è rotto il rigido protocollo di Buchingham Palace".
I milanesi in visibilio
Ma l'accoglienza più calorosa, alla Regina d'Inghilterra, la fecero sicuramente i milanesi. Le signore sui palchi del Piermarini, agghindate per l'occasione come alla prima di dicembre – ma ben attente a evitare il rosso e il nero, banditi dal protocollo della corona britannica. Composte e ingioiellate, ma in prima linea ad applaudire la sovrana tra un brano e l'altro ("È venuto giù il teatro", riportarono le cronache rosa dell'epoca).
Senza contare che una vera e propria folla si radunò fuori dalle porte della Scala. Bandierine dell'Inghilterra e tantissimi cittadini in lacrime, emozionati per quella visita eccezionale. In molti, di quel momento di vent'anni fa, ricordano che Elisabetta si è fermata a lungo a stringere mani e salutare, affiancata dal sindaco dell'epoca Gabriele Albertini. Per poi tornare nella propria Presidential Suite di 500 metri quadri all'hotel Principe di Savoia, zona Repubblica.
L'hotel della Regina
Un cinque stelle lusso, chiaramente. E la suite all'altezza dei titoli della coppia reale: ingresso privato, tre ampie camere da letto e tre bagni, bouquet di fiori freschi, piscina privata con sauna e bagno turco sotto affreschi pompeiani. Senza contare le due sale da pranzo, una da 6 e una da 12 persone, e il soggiorno con camino. Il tutto, ovviamente, accompagnato da un maggiordomo privato e bottiglie di champagne d'annata.
Il Cenacolo e la bandiera argentina
Durante la vista milanese, poi, la Regina visitò l'Istituto Europeo di Design e l‘Ultima Cena di Leonardo Da Vinci. Qui fuori, a un certo punto, spuntò persino una bandiera argentina. Un chiaro segno di provocazione: bruciava ancora la ferita delle Falkland. Immediatamente tolta dalle forze dell'ordine meneghine, il viaggio della Regina e del suo consorte proseguì senza intoppi. Era l'ultima volta a Milano.