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Milano occupata dai Lavoratori dell’arte, la Torre Galfa diventa Macao

Sono artisti, critici, studenti, performer, un gruppo unito dall’obiettivo di regalare alla città di Milano uno spazio per produrre arte e cultura dal basso. Hanno occupato, sulla scia del Teatro Valle di Roma, un palazzo in disuso da cui è nato Macao.
A cura di Susanna Picone
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Sono artisti, critici, studenti, performer, un gruppo unito dall’obiettivo di regalare alla città di Milano uno spazio per produrre arte e cultura dal basso. Hanno occupato, sulla scia del Teatro Valle di Roma, un palazzo in disuso da cui è nato Macao.

Ancora una volta i lavoratori dell’arte e dello spettacolo, quelli che vogliono che anche Milano abbia il suo spazio autogestito per produrre arte e cultura dal basso, hanno occupato nei primi giorni di maggio un grattacielo della città abbandonato da anni. Si tratta della Torre Galfa, un palazzo di una trentina di piani da tempo in disuso che si trova nella zona della Stazione Centrale. Sono appunto lavoratori dell’arte e dello spettacolo, gente che vuole dar vita ad uno spazio di sperimentazione artistica, lavoratori che camminano di pari passo ad altre realtà emerse negli ultimi mesi, dal Teatro Valle Occupato di Roma al Teatro Garibaldi Aperto di Palermo.

Così dalla Torre Galfa nasce Macao – Gli organizzatori dell’“occupazione” hanno spiegato che la scelta del grattacielo è stata dettata dal fatto che lo stesso edificio è “un esempio di spazio mal utilizzato e mal gestito”. Il “Pirellino”, così lo chiamano in molti, è rimasto abbandonato anche dopo il 2006, quando è stato cioè acquistato dal gruppo Ligresti. Attraverso il loro lavoro e la loro passione sarà possibile, invece, ritrovare in quella struttura fantasma una sperimentazione artistica viva, performance continue, laboratori e dibattiti. Il nome “Macao” rappresenta il risultato di un progetto che va avanti da tempo ed identifica dunque il nuovo centro per le arti di Milano. Ad entrare per primi nella Torre Galfa un centinaio di rappresentanti del collettivo, poi la grande festa che ha ospitato tantissime persone, infine le prime assemblee nelle quali le voci dei protagonisti raccontano ciò che vogliono fare di questo spazio.

A Macao gli spazi sono gremiti dalla mattina alla sera da centinaia di cittadini che lavorano, si incontrano e si auto organizzano per formulare insieme ipotesi progettuali e riflessioni teoriche che possano dare lunga vita a questa torre.

Parole che si leggono sul loro sito, dove si chiede anche alle autorità di Milano di collaborare a questo progetto.

“La cultura come bene comune” – È la stessa parola d’ordine, cultura, che ha spinto anche gli altri artisti e lavoratori dell’arte a muoversi in diverse città italiane e che ha portato, anche a Milano, alla nascita del progetto Macao. I Lavoratori dell’arte “esprimono la convinzione che sia necessario attribuire all’arte e alla cultura lo status di beni comuni”. E il bene comune, per il collettivo, deve rappresentare una nuova forma viva di democrazia “che mira a superare la dicotomia tra pubblico e privato”. Liberare uno spazio, più che occuparlo, per costruire una città nuova.

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