Migranti, nel 2015 ogni giorno 34 mila persone sono state costrette a fuggire
Nel 2015 ogni giorno 34 mila persone hanno abbadonato le loro case, fuggendo da bombe, violenze, violazioni di diritti umani, attentati, dittature, difficoltà di accesso a cibo e acqua. In media, ventiquattro persone al minuto. Tra trentacinque conflitti e diciassette situazioni di crisi, sono stati 65,3 milioni i migranti forzati nel mondo, di cui 21,3 milioni di rifugiati, 40,8 milioni di sfollati interni e 3,2 milioni di richiedenti asilo. Secondo il terzo Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia – messo a punto da Fondazione Migrantes, Anci, Caritas Italiana, Cittalia e Servizio Centrale dello Sprar, in collaborazione con Unhcr – "una realtà che provoca la fuga di un numero tanto maggiore di persone, quanto più lungo e cruento diventa il conflitto o quanto più perdurano nel tempo situazioni di insicurezza, violenza e violazione dei diritti umani". La Turchia si conferma il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati con 2,5 milioni di persone accolte (erano 1,6 milioni lo scorso anno), mentre la Siria è il primo paese di origine con 4,9 milioni di rifugiati. A fronte di questi numeri, il rapporto evidenzia anche quello delle morti in mare: a fine ottobre la cifra era di 4899, di cui 3654 persone affogate nel Mediterraneo. Parlando di Turchia, oggi il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha detto che l'accordo siglato con l'Ue "funziona", ma che la contropartita dei visti promessa da Ankara per la fine di ottobre è ancora lontana, poiché prevede criteri che "richiederebbero ad esempio la modifica della legge antiterrorismo, una delle basi delle restrizioni delle libertà e degli arresti" dei parlamentari del filocurdo Hdp.
Nel 2015 in Europa sono state presentate 1.393.350 domande di protezione internazionale, puù del doppio dell'anno precedente. Il primo paese Ue è la Germania, con 476.620 domande presentate (pari al 36% del totale nell'unione). Seguono l'Ungheria, la Svezia, l'Austria e l'Italia, paesi che raccolgono il 74,8% delle domande presentate nell’Ue. Nel nostro paese a fine ottobre 2016 sono arrivate 159.432 persone, il 13% in più rispetto all'anno precedente. Tra loro ci sono 19.429 minori non accompagnati (12,1%). Sempre alla fine di ottobre, risultano in Italia 171.938 persone accolte in diverse strutture di accoglienza – Cara, Cda, Cpsa, Cas, Sprar. "Da fanalino di coda dell’Europa siamo diventati un paese più ospitale dove è stata raddoppiata la capacità di accoglienza di profughi e migranti nel giro di due anni", si legge nel rapporto.
Inanto oggi la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato parere negativo alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui meccanismi di determinazione dello Stato Ue competente per l'esame delle domande di asilo rilevando "alcune criticità che devono essere superate". In particolare è stata bocciata la norma che prevede che sia lo Stato dove è stata presentata la domanda di asilo ad essere tenuto in via preliminare a valutarne l'ammissibilità, una previsione che è parsa "suscettibile di attribuire un ulteriore onere amministrativo eccessivamente gravoso per gli Stati di primo approdo" tra cui l'Italia, si legge nel parere negativo espresso dalla Commissione della Camera. "Non appare in ogni caso accettabile – prosegue – in quanto palesemente contraddittoria con i principi di solidarietà e corresponsabilizzazione stabiliti con i trattati, la previsione in base alla quale uno Stato membro può sottrarsi totalmente dall'obbligo di partecipare al meccanismo di redistribuzione grazie al un contributo di 250.000 euro per richiedente asilo non preso in carico".
La proposta avanzata prevede che lo sforzo alla ricollocazione rimanga obbligatorio per una quota del 75%, e la facoltà di compensare finanziariamente dovrebbe valere solo per la quota non obbligatoria. Per la commissione è "necessario" ridurre la soglia del 150% (al si sopra della quale scatterebbe il meccanismo automatico di redistribuzione) rispetto alle domande accolte nel precedente anno "perché questo di fatto penalizza i Paesi che sono stati più generosi"; e integrare questa norma con altre elementi finora non considerati "come il tasso di disoccupazione, la complessiva pressione migratoria, le spese sostenute dallo Stato membro dal 2013 ad oggi e la situazione delle finanze pubbliche del Paese di riferimento". Un ultima criticità riguarda la norma che prevede che lo Stato manterrebbe la sua competenza anche nel caso di ulteriori dichiarazioni o domande dello stesso soggetto o nel caso che il richiedente asilo abbia lasciato il territorio degli Stati membri o se ne sia allontanato.