Migranti, chiude l’hotspot di Lampedusa. Associazioni: “Condizioni vergognose di degrado”
Ieri per l'hotspot di Lampedusa è arrivata la svolta: il Viminale ha deciso di avviare lavori di ristrutturazione, decretandone la temporanea chiusura. Lo hanno deciso dopo un incontro il Capo Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione, il Direttore Centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed il Sindaco di Lampedusa. A richiedere questa decisione tempestiva da parte del Ministero degli Interni sono state le condizioni di estremo degrado del centro, le cui criticità sono state descritte anche dagli avvocati dell'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), che con una delegazione di ricercatori e mediatori culturali della Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili (Cild) e di Indiwatch, si sono recati nell'isola per effettuare un sopralluogo.
I lavori "Non si dovranno limitare a una mera ristrutturazione materiale, pure assolutamente necessaria e più volte sollecitata. Serve soprattutto porre le basi perché si verifichi un vero cambio di passo sulla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri ospitati nella struttura, a partire dai tempi di permanenza, che devono essere nei limiti, normativamente previsti, delle 48 ore". Lo ha sottolineato il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che ha preso atto della temporanea chiusura dell'hotspot.
Dopo il rapido svuotamento della struttura, gli interventi saranno mirati al recupero della recinzione, alla realizzazione di locali mensa e di un sistema di videosorveglianza. In caso di emergenza, ha spiegato il Viminale, saranno assicurate le esclusive operazioni di primissimo soccorso ed identificazione, in vista della conseguente distribuzione territoriale dei migranti. Ma la struttura è ormai da tempo sotto i riflettori di associazioni e organizzazioni umanitarie, come la Croce rossa italiana, che più volte ha lanciato appelli per il ripristino di condizioni igieniche basilari per gli ospiti del centro.
"Siamo stati tre giorni all'hotspot, e abbiamo evidenziato vari problemi – ci racconta al telefono Giulia Crescini di Asgi – primo fra tutti il fatto che le persone, circa 140 migranti, anche se il centro non è una struttura "chiusa", non possono entrare ed uscire dalla porta principale, ma con il tacito accordo delle autorità, entrano ed escono da un foro nella recinzione, che di fatto è tollerato. Le persone girano per l'isola, quando vogliono, ma non accedono dall'ingresso principale". Questo accade perché la struttura non è idonea ad ospitare persone per lunghi periodi, ma di fatto gli ospiti vi rimangono per mesi, e i gestori lo sanno. Per questo la polizia chiude un occhio, perché per il sovraffollamento la situazione all'interno del centro potrebbe diventare pericolosa, visto che vi alloggiano anche nuclei familiari e minori non accompagnati. E in estate il problema si amplifica, perché per via dei turisti, si preferisce limitare la libertà di movimento dei migranti. L'isola d'altra parte è presidiata, piena di forze dell'ordine, e queste persone non possono comunque scappare, dal momento che la Questura non rilascia loro né un permesso di soggiorno, né un documento che ne attesti la richiesta, cioè la manifestazione di volontà, anche se i migranti ne avrebbero diritto per legge. E non possono nemmeno sapere quale sia il responso della Commissione territoriale o a che punto sia l'iter. Non avendo alcun documento d'identità o un documento che dimostri che sono "regolari" non possono acquistare un biglietto per il traghetto, per muoversi su tutto il territorio italiano, libertà che invece dovrebbe essere consentita a un richiedente asilo.
Sebbene i tempi di permanenza possano durare anche parecchi mesi, questi migranti vivono in condizioni disagiate, con bagni privi di porte e sporchi e in stato di abbandono, i letti sono ammassati, con materassi consunti, e i migranti sono costretti a mangiare all'aperto, visto che nel centro non esiste un locale adibito a mensa."Vivono come se fossero imprigionati", ci dice Giulia, che segue una coppia con una bimba di otto anni, in fuga dalla Tunisia: "I miei assistiti ci hanno raccontato che una notte la mamma ha subito un tentativo di violenza sessuale, perché possono verificarsi episodi di questo tipo in contesti promiscuità. E la polizia, che è presente anche all'interno del centro, in tenuta anti sommossa, non ha visto o fatto nulla. C'è una grande insicurezza. La situazione però è degenerata verso metà febbraio, quando una commissione è stata mandata dal Ministero all'hotspost, per effettuare le audizioni per le richieste di asilo. Alcune domande hanno avuto esito negativo, ma queste persone non hanno potuto fare ricorso, che si può presentare entro 15 o 30 giorni, perché a Lampedusa non ci sono avvocati disponibili. Non è garantito il diritto alla difesa, visto che parliamo di una piccola isola in mezzo al Mediterraneo".
Asgi e Indiwatch hanno fatto diverse segnalazioni agli enti di tutela che s trovano nell'hotspost, cioè Unhcr, Oim, Save the Children, all'Asl di Palermo, alla Procura di Agrigento, al Comitato di prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa e all'Onu per denunciare le condizioni sanitarie a rischio e hanno presentato ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo. In questo stato di esasperazione i migranti hanno organizzato una manifestazione lo scorso 8 marzo, per chiedere che i trasferimenti dall'isola alla terraferma fossero attuati più velocemente, soprattutto vista la cospicua presenza di minori non accompagnati, che non possono in nessun caso essere espulsi. I profughi hanno cercato di forzare la porta principale per uscire e raggiungere il centro abitato, per protestare nella piazza della chiesa. "Ma la polizia li ha bloccati al cancello principale – ci spiega Giulia – e si sono verificate colluttazioni. Anche una bimba di otto anni è stata picchiata durante gli scontri, e ha riportato dei lividi per via dei colpi di manganello. A quel punto i migranti all'interno della struttura hanno appiccato un incendio, e diversi locali sono andati a fuoco".
"Più volte era stato segnalato alla prefettura di Agrigento ed a tutte le autorità coinvolte, la situazione particolarmente critica per gli ospiti della struttura e per gli operatori impiegati all'interno" – ha detto il Consorzio opere di Misericordia, braccio operativo delle Misericordie italiane – "non lasceremo sola Lampedusa nell'affrontare i prossimi possibili sbarchi".
Ma la tensione a Lampedusa è alle stelle: "Senza centro di accoglienza – ha dichiarato il sindaco Salvatore Martello, che ha partecipato ieri all'incontro al Viminale – Lampedusa non sarà un porto di sbarchi. E si potrà avere un po' di tranquillità. Nell'ultimo periodo erano aumentati i furti e altri casi di criminalità. Questi migranti hanno fatto richiesta di rifugiato politico, ma la domanda è stata rifiutata. Loro si sono rivolti ai giudici. La risposta dovrebbe arrivare nei prossimi giorni e in ogni caso i migranti possono attenderla anche in altri centri fuori dall'isola. Speriamo insomma che prima di Pasqua a Lampedusa non ci sia più un tunisino. E che non vi siano sbarchi occasionali. Ed è per questo che auspico vengano rafforzati gli accordi con la Tunisia per fare diminuire sempre di più il numero degli arrivi". E in effetti, come ci spiega l'avvocato dell'Asgi, la maggior parte degli ospiti del centro è di nazionalità tunisina: "Perché in virtù di accordi tra Italia e Tunisia sono più facili i rimpatri in quel Paese, le cui autorità collaborano più facilmente".