“Mi bruciavano i capelli”, i racconti di tre migranti sulle torture in Libia

Madou, Diao e Abdouraime scappavano da Sudan e, catturati dalle Forze dell’ordine libiche, sono stati torturati e, in alcuni casi, ceduto a bande di criminali. Il motivo? Farli chiamare a casa disperati perché i familiari potessero pagare il riscatto.
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A cura di Redazione
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Circa sei mesi fa Sandro Ruotolo aveva documentato per Italian Leaks, format video di Fanpage.it, le violenze subite dai migranti nelle carceri libiche. Il dramma dei migranti, reso noto al pubblico internazionale grazie all'impegno delle organizzazioni di volontariato e ad un successivo servizio della CNN, divenne dibattito politico in sede europea e Onu. Compravendita di esseri umani, stupri, torture, omicidi: sono queste le violenze subite dai migranti che hanno portato António Guterres, Segretario generale dell'Onu, a definirsi inorridito e ad accusare i responsabili di "delitti contro l'umanità".

Le violenze commesse in Libia, talora dalle stesse forze governative, hanno sollevato dubbi sugli accordi tra l'Italia e il governo di Tripoli, in base ai quali il nostro paese avrebbe fornito ingenti risorse e mezzi per dare alla Libia gli strumenti per contrastare la partenza dei migranti. Nel video in apertura, Sandro Ruotolo ascolta, in un centro di accoglienza di Padova gestito dall’organizzazione no profit Percorso Vita onlus di don Luca Favarin, le testimonianze di Madou, Diao e Abdouraime, tre sudanesi sopravvissuti alle torture libiche, commesse sia da bande di criminali che in carceri statali in cui erano presenti ufficiali della Guardia costiera libica.

I tre giovani, all'epoca minorenni, raccontano di bastonate, torture con i cavi elettrici, ossa rotte, capelli bruciati, cessione come schiavi a bande criminali, compagni di viaggio uccisi a suon di percosse e riscatti chiesti a famiglie prive di mezzi per liberare i propri cari. Testimonianze, quelle raccolte da Sandro Ruotolo, che una volta di più sollevano nuovi interrogativi sulle risorse assegnate dall'Italia ad un paese accusato di usare tutti i mezzi, anche i più crudeli, per tenere fede al patto: non far arrivare i migranti in Italia.

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