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L'omicidio di Melania Rea

Melania Rea: Parolisi chiede processo d’appello a porte aperte

Salvatore Parolisi, il marito della donna assassinata a Ripe di Civitella e condannato in primo grado all’ergastolo per quel delitto, il prossimo 25 settembre affronterà il processo d’appello all’Aquila. L’ex caporalmaggiore vuole un processo pubblico.
A cura di Susanna Picone
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Il 25 settembre prossimo, in Corte d'Assise d'Appello all'Aquila, si aprirà il processo di secondo grado per l’omicidio di Melania Rea, la giovane di Somma Vesuviana uccisa il 18 aprile 2011 a Ripe di Civitella. Un omicidio per il quale lo scorso 26 ottobre è stato condannato all'ergastolo il marito della donna, l’ex caporalmaggiore dell’Esercito Salvatore Parolisi. Il marito della vittima, che si è sempre dichiarato innocente, sostiene che contro di lui siano state dette cose non vere ed è per questo motivo che vuole affrontare un processo d’appello pubblico. Parolisi ha dunque presentato una richiesta scritta al presidente della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, Luigi Catelli, che assieme all'altro giudice Armanda Servino e alla giuria popolare, sarà chiamato a processarlo nel giudizio di secondo grado. La Corte dovrà decidere in merito.

La difesa di Salvatore Parolisi – Gli avvocati difensori di Parolisi, che intanto è rinchiuso nel carcere di Teramo, hanno fatto sapere che il marito di Melania sarà presente al processo. Nicodemo Gentile ha detto di voler chiedere ai giudici “di fare ordine in questo processo per capire cosa sia successo realmente il 18 aprile di due anni fa”. Secondo l’avvocato di Parolisi sono due i punti fermi: il primo è che Melania è morta e il secondo è che non è stata uccisa da suo marito Salvatore. “Nel mezzo – ha continuato il legale – c’è un mondo che cambia in quanto ogni giudice ha dato una interpretazione diversa. Il gup ha smentito clamorosamente la ricostruzione dei fatti e il movente della procura. Ora auspichiamo il ribaltamento netto della sentenza di ergastolo. In un processo penale – ha concluso Gentile – non riuscire a dimostrare più o meno i fatti equivale ad aver sbagliato qualcosa”.

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