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Maxicommessa Trenitalia: Alstom e Hitachi Rail Italy si aggiudicano i due lotti principali

Alstom e Hitachi Rail Italy (l’ex AnsaldoBreda) si aggiudicano i due lotti principali della maxi commessa da 4,5 miliardi di euro di Trenitalia. L’ordine assicura la continuità occupazionale e forse consentirà nuove assunzioni presso gli stabilimenti italiani coinvolti…
A cura di Luca Spoldi
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Tanta era l’incertezza e la tensione prima dell’esito della gara, quanta è la soddisfazione che tra le righe traspare da parte di aziende e sindacati al termine della maxi gara da 4,5 miliardi di euro per i nuovi treni regionali di Trenitalia. La commessa, la più importante mai lanciata da Trenitalia, era divisa in tre tranche: la prima riguardava 150 convogli a media frequentazione (ossia con almeno 450 posti a sedere); la seconda e più ricca ben 300 treni ad alta capacità (a doppio piano, dotati di almeno 600 posti a sedere); una terza tranche, per definire il vincitore della quale Trenitalia si riserva ulteriori valutazioni di convenienza, riguardava infine 50 treni diesel.

A contendersi la commessa erano giunte nove offerte da parte di sei produttori, di cui quattro per il primo lotto, altrettanto per il secondo e una sola per il terzo. Di oggi l’annuncio che la francese Alstom, che proponeva una nuova versione dei “Jazz” prodotti nel suo stabilimento di Savigliano, in provincia di Cuneo, fornirà i treni a media frequentazione, che la italo-giappponese Hitachi Rail Italy, ossia l’ex AnsaldoBreda ceduta nel novembre dello scorso anno al gruppo giapponese, si è aggiudicata il secondo lotto. Ancora da formalizzare l’esito della gara per il terzo lotto, gara per modo di dire visto che solo la svizzera Stadler aveva presentato un’offerta.

I timori più forti, da parte sindacale, riguardavano proprio l’ex AnsaldoBreda, attualmente impegnata assieme alla canadese Bombardier nelle consegne dei 50 Etr 1000, alias i nuovi “Frecciarossa 1000” (commessa da 1,2 miliardi di euro), oltre che nella fornitura di 136 carrozze doppio piano Vivalto (per complessivi 190 milioni), commesse che però si completeranno entro il 2018, proprio quando si prevede debba avviarsi la produzione dei nuovi convogli. Una data non casuale, visto che la cessione di AnsaldoBreda ad Hitachi era avvenuta a condizione che per tre anni (dunque fino a fine 2018) l’attuale forza lavoro, 1970 dipendenti in tutto impiegati negli stabilimenti di Pistoia, Napoli e Reggio Calabria, venisse mantenuta stabile.

Oltre tale data sarebbe dipeso (e dipenderà) da come il portafoglio ordini, pari a 2 miliardi di euro circa nel momento del passaggio di proprietà, si sarebbe evoluto. Vincendo il lotto più consistente (Trenitalia non ha ancora fornito il dettaglio del valore di ciascun lotto, ovvero dell’offerta di Alstom e di Hitachi Rail Italy) il gruppo italo-giapponese dovrebbe aver di fatto raggiunto l’obiettivo di confermare l’occupazione ed anzi una nota del PD di Pistoia auspica che possano essere state poste le “basi di rilancio e di crescita industriale di una delle aziende più importanti del nostro territorio” e che “ciò si concretizzi anche nell’implementazione dell’occupazione in un settore dove la professionalità delle maestranze è il valore alla base di risultati come questo”.

Tutti contenti, apparentemente, anche se non lo saranno certo i concorrenti sconfitti (Bombardier, Caf e Hyundai), ma resta da capire quanto i nuovi convogli costeranno a Trenitalia, che da parte sua nel piano industriale 2014-2017 aveva previsto una crescita dei ricavi fino a 9,5 miliardi di euro (dagli 8,2 miliardi del 2012) a fronte di un Ebitda pari a 2,5 miliardi (1,9 miliardi nel 2012). Nel 2015 Trenitalia in verità ha registrato ricavi operativi per 8,6 miliardi e un Ebitda di 1,975 miliardi, in frenata di 139 milioni sul 2014 in parte a causa di modifiche normative (che hanno pesato per 173 milioni).

Nel prossimo biennio Trenitalia, anche in vista di un futuro sbarco in borsa, che comunque non avverrà prima del 2017, dovrà accelerare sui ricavi e tagliare i costi, il fatto che si sia deciso di varare un piano di investimenti così rilevante non potrà non avere un impatto. Il tempo dirà se sarà positivo o se occorrerà rivedere i conti, chiedendo all’azionista unico, il Tesoro italiano, di mettere nuovamente mano al portafoglio o trovando il modo di rifinanziarsi sul mercato, come del resto già deciso a fine maggio scorso quando il Cda ha deliberato l’emissione di uno o più prestiti obbligazionari per complessivi 1,8 miliardi di euro proprio per finanziare i fabbisogni previsti “in continuità con le previsioni del Piano Industriale 2014-2017”. Mercati post Brexit permettendo, ovviamente.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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