Matteo Salvini: “La ‘ndrangheta è una merda, un cancro. Porterò via anche le mutande a questa gente”
"La ‘ndrangheta è una merda, un cancro, che si è allargato a tutta l'Italia. Io però sono testone e continuerò a combatterla fino a che non avremo portato via anche le mutande a questa gente". Il ministro dell'Interno Matteo Salvini torna a parlare di lotta alla criminalità organizzata, dopo il bagno nella piscina confiscata ai boss la settimana scorsa. Il ministro si trova a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, dove sta visitando un immobile prima appartenente alla cosca Gallico. "Questa di Palmi è una delle tante situazioni paradossali che intendiamo scardinare. Il posto giusto per gli ergastolani è la galera", ha commentato Salvini.
Il riferimento del ministro è al fatto che l'edificio, in cui dovrebbe sorgere un commissariato della polizia di Stato, risulta confiscato dal 2017 ma è ancora abitato dalla 92enne Lucia Giuseppe Morgante, ergastolana – ai domiciliari per motivi di salute e di età – e madre di Domenico Gallico, pure lui ergastolano, capo dell’omonima cosca. Secondo la documentazione medica la donna, condannata per omicidio e associazione mafiosa, sarebbe impossibilitata a muoversi a causa di una serie di gravi patologie che la obbligano a rimanere a letto. Inoltre i Gallico hanno anche impugnato di fronte al Tar il provvedimento di sgombero e pertanto la signora Morgante ha ancora il diritto di continuare ad abitarci. La visita del ministro dell'Interno è, quindi, soprattutto simbolica.
"È secondo me incredibile che lo Stato spenda migliaia di euro per permettere a delinquenti ergastolani di venire a incontrare la loro madre altrettanto delinquente ed ergastolana", ha rimarcato Salvini. Nei mesi scorsi infatti il tribunale di sorveglianza ha concesso un permesso speciale a Domenico Gallico, recluso nel supercarcere di Sassari dopo la condanna a sette ergastoli, per fare visita alla donna, motivandolo con le sue deteriorate condizioni di salute. In quell'occasione il parere della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria era stato contrario; nel 2012 il boss, nel corso di un interrogatorio in carcere, aveva aggredito il pubblico ministero Giovanni Musarò, all'epoca alla Dda, rompendogli il naso e ferendo anche due agenti penitenziari.