Tanto per essere chiari: ogni episodio di violenza va condannato, ogni tentativo di censura e di limitazione della libertà di espressione è da respingere, ogni episodio di intolleranza va stigmatizzato (che poi, in un Paese non esasperato da conflitti e tensioni non servirebbe nemmeno ribadirle queste cose, ma è un altro discorso). Così la pensiamo sulla vicenda Salvini, il "fatto politico della giornata.
E però, pensiamo che il discorso non possa essere liquidato in questo modo. Perché Matteo Salvini è un politico di primo piano, è un rappresentante dei cittadini e non ha solo la responsabilità di ciò che dice e di ciò che fa, ma anche del modo in cui veicola determinati messaggi e delle conseguenze che ne derivano. È una responsabilità che Salvini declina nel modo che conosciamo: predicando odio, alzando barriere e steccati, accarezzando i bassi istinti dei suoi “seguaci”, riportando nel conflitto sociale elementi come l’appartenenza etnica o religiosa. E lo fa esasperando i toni, cavalcando ogni genere di allarmismo, diffondendo notizie parziali e distorte, nell’ottica di un processo che mira al consenso, alla mobilitazione intorno a pochi ed elementari concetti, alla polarizzazione di rabbia, insofferenza e frustrazione verso il nemico comune (fosse l’euro, il rom o il migrante). Il problema, semmai, è che su quei temi non siamo in grado di elaborare una controffensiva culturale che sia credibile e in grado di parlare alla stessa gente cui si rivolge Salvini.
Anche perché il messaggio del leader della Lega Nord è ammantato da una patina di “rispettabilità”, che riflette il tentativo di “deideologizzare” istanze e proposte (l’avrà detto anche Salvini che “destra e sinistra non esistono più”, giusto?). È la versione “colta” della deriva forconiana (perdonateci), il nuovo aggiornamento del celodurismo leghista anni ’90, ma anche la faccia più presentabile della “nuova destra”. Aspetti che sarebbe un errore sottovalutare e trattare con sufficienza: soprattutto perché legati alla figura di un politico ben più esperto e preparato di quanto si possa pensare.
Certo, parte del successo di Salvini si deve anche al suo uso dei social network, celebrato ed imitato a più livelli. La pagina facebook del leader leghista, in particolare, è una sorta di vetrina del malumore, dell'insofferenza e della rabbia degli italiani. Sentimenti che trovano in Salvini una sponda attenta, una mano tesa, anzi un vero e proprio megafono (poi, come nota Ciro Pellegrino, ci sarebbero anche delle incongruenze eh). Che peraltro ha buon gioco proprio nel momento in cui la politica ribadisce la sua incapacità a risolvere problemi e ad intercettare istanze e malumori, anche nella versione messianica proposta da Renzi. Insomma, la rabbia, l'odio e l'indignazione alimentano il successo di Salvini, che è tanto più evidente nei luoghi in cui trionfano la polarizzazione e la banalizzazione dei concetti: le piazze, reali e virtuali (tant'è che, ad esempio, nel Parlamento Ue i leghisti collezionano solo magre figure ed in quello italiano si aggrappano ancora ai trucchetti di Calderoli).
PS: Certo, la sua strategia "social" è completamente basata sull’utilizzo di “mezze sciocchezze”, esagerazioni, bufale e allarmismi. Ma questo è più un problema "nostro" (come utenti, cittadini), che suo.
Mare Nostrum costa 1,2 miliardi l'anno (falso, costava circa 10 milioni di euro al mese)
La prefettura che cerca alberghi per i migranti (nessuna fonte e nessuna conferma nel caso specifico, ma like ed indignazione come se non ci fosse un domani)
La Nato potenzia gli armamenti ai confini con la Russia (nessuna fonte, ovviamente, ma meglio soffiare sul fuoco, intanto…)
Chiudono 200 imprese al giorno (54 in realtà)
Morti 500 immigrati da gennaio con Mare Nostrum (falso, circa 100)