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Matteo Renzi, un rottamatore a Roma

Il lungo cammino di Matteo Renzi verso la rottamazione prosegue con la tappa più dura: Roma, la culla della politica da rottamare.
A cura di Salvatore Mammone
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Renzi-Roma

Lo stesso palco che ha ospitato l’acclamazione di Angelino Alfano a segretario, ieri sera ha accolto Matteo Renzi – il rottamatore – per la tappa romana del tour in giro per l’Italia. Il sindaco di Firenze parte con un leggero vantaggio: a un’ora dall’inizio, arrivano le dimissioni di Renata Polverini e – soprattutto – l’ ennesima stoccata di Massimo D’Alema, ospite di Lilli Gruber nello studio di Otto e mezzo.

Come nelle altre tappe, neppure all’Auditorium della Conciliazione compaiono i colori del PD, né quelli legati alla tradizione di sinistra. Solo Matteo Renzi Adesso!. Anche sul palco.
Il sindaco arriva dal salotto di Porta a Porta con un leggero ritardo e – via la giacca e rimboccate le maniche – arriva subito al cuore della proposta renziana: «Stasera si parla di futuro, Europa, merito». L’etichetta di rottamatore inizia a stargli stretta, ma è proprio quando tocca il tema del ricambio generazionale – affrontato più volte durante la serata – che il pubblico si scalda. È il suo punto forte, lo sa, ma lo somministra a piccole dosi.

A differenza della performance di Verona, il Renzi che parla da via della Conciliazione è sciolto e dimostra di essere un animale da palcoscenico. È nell’interazione con il pubblico in sala che dà il meglio di sé, rispondendo con una battuta alle provocazioni. La naturalezza con cui si muove sul palco lo contraddistingue da tutti gli esponenti del suo stesso colore politico, e, forse, proprio per questo viene spesso associato alla cultura di destra.

Roma è un bel banco di prova per il sindaco di Firenze.  A pochi chilometri dalla sede del PD, dovrebbe giocare in casa. In realtà, via del Nazareno è ostico quanto San Siro per Inter e Milan. E Matteo entra nella Capitale in punta di piedi, senza distribuire cartelli ai supporter e avvicinandosi il più possibile alle proprie origini cattoliche (l’Auditorium è a pochi passi da San Pietro), in cerca di protezione. E sostegno, probabilmente. La sala riempie lentamente i suoi 1700 posti, metà dei quali occupati dai giornalisti accorsi a osservare da vicino il rottamatore. Dal Parlamento, solo Mario Adinolfi e Andrea Sarubbi (con t-shirt Democrats) sono presenti, pronti a sostenerlo. C’è tanta curiosità ed entusiasmo intorno a Renzi, e nessuno si preoccupa di capire se temi e toni strizzano realmente l’occhio agli elettori di destra. Pronuncia due volte la parola «sinistra», ma va oltre le ideologie e dimostra di conoscere bene i problemi degli italiani, ricordando di essere un amministratore locale.

Parlando di FOIA, Open Gov, di Europa e dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, va oltre la proposta principale: «Dare cento euro al mese a chi guadagna meno di duemila euro netti al mese». Le ventisei pagine del programma – diviso in dieci «idee» – sono disponibili online. Tante buone proposte, alcune migliorabili, con la possibilità per chiunque di inviare la propria idea.

Ma l’elettore che si avvicina a Renzi vuole uno scardinamento dell’attuale establishment politico. E lui, dall’interno, potrebbe riuscirci più di Grillo e del suo Movimento. Il resto, per ora, sembra contare poco.

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