Tra tutti i serial killer italiani Roberto Succo è quello che ha colpito maggiormente l'immaginario collettivo. Nell'iconografia consegnata dai media restano indimenticabili le immagini del suo delirio sul tetto del carcere di massima sicurezza di Vicenza, da dove tentò la fuga finendo per prodursi in uno show dolorosamente grottesco. Il suo ricordo si fissa in quei brevi istanti filmati dalle principali tv nazionali dove appare nello splendore di quel corpo statuario e gli occhi "di ghiaccio" da eroe maledetto, mentre farnetica. Pluriomicida, stupratore e autore di ogni genere di scelleratezza fino al suicidio alla giovane età di 27 anni, Roberto Succo spaventa e allo stesso tempo suscita una inquietante interesse. Vittima di se stesso, del disturbo schizofrenico che lo ha tormentato tutta la vita, era un condannato a morte, una candela destinata a spegnersi troppo presto. Si uccide in un disperato tentativo di vendetta finale. Vendetta contro quella società che non lo aveva accettato in vita e dalla quale si è sottratto, offeso, nell'unico modo che conosceva: con la violenza.
L'omicidio dei genitori
Nell’appartamento in via Serraglio 1996, nella periferia nord di Mestre, sono le 22 passate e il quartiere è già immerso nel silenzio notturno. Nazario Succo infila le chiavi nella toppa e apre la porta del suo appartamento già pronto a lasciarsi cadere sul letto e togliersi le scarpe, la giornata è stata faticosissima. Spinge la porta, il buio pesto che avvolge gli ambienti lo colpisce immediatamente. Dov'è la moglie Maria? Come mai le luci sono spente? Entra e un'ombra alle sue spalle gli si avventa addosso con una furia inarrestabile. Nazario Succo viene massacrato con un accetta da suo figlio Roberto. Il ragazzo era in agguato dietro la porta aspettando il ritorno dell'uomo e lo colpisce finché non smette di rantolare. Poi gli infila la testa in una calza di nylon e lo trascina nel bagno, dove, nella vasca, giace il cadavere della moglie Maria, anche lei straziata da decine di fendenti. I due corpi vengono sistemati uno sopra l'altro e ricoperti d'acqua. Nel frattempo Roberto prepara la valigia per partire. L'indomani i pompieri, allertati da alcuni colleghi di Succo, fanno irruzione nello stabile. Trovano i due corpi dei coniugi, entrambi con il capo coperto da un involucro sintetico. Non ci sono segni di effrazione, non è stato portato via niente, ma dalla casa manca il figlio Roberto, che si rivela irrintracciabile.
La fuga
Il giovane è in fuga. Si ferma da alcuni parenti a Brescia. I giornali aprono con la notizia della fuga del "figlio che ha sterminato la famiglia". Quando viene avvistato vicino a un hotel in provincia di Udine, poco lontano dal confine con la Jugoslavia, le forze dell'ordine si precipitano ad arrestarlo. Di fronte al parcheggio i carabinieri trovano l'Audi azzurra dei Succo, entrano nella vicina pizzeria e vedono uscire dal bagno Roberto. Lo arrestano immediatamente con l'accusa di duplice omicidio, furto e detenzione illegale di arma da fuoco. Durante il processo il giovane confessa il delitto. "Volevo mostrare a mia madre che non ce la facevo più e ho fatto il gesto di uccidermi, lei ha cercato di fermarmi ed è partito un fendente. Il polso ha reagito come una molla – racconta – lei gemeva si lamentava, volevo solo farla stare zitta. L’ho trascinata nella vasca e ho aperto l’acqua perché entrasse nei polmoni e la smettesse di lamentarsi. Vedevo tutto come fosse all’esterno di me. Ho pulito il sangue. Alle 24 è arrivato mio padre l’ho colpito subito perché non volevo che vedesse il figlio assassino e la moglie uccisa. Ho portato il suo corpo in bagno coperto con un sacchetto di nylon. L’odore del sangue mi dava fastidio".
L'evasione dall'ospedale psichiatrico
Non ci sono dubbi: Succo è colpevole e viene rinchiuso nel carcere di Venezia. Intanto si attende la tripla perizia psichiatrica che rileva una patologia dissociativa. Succo è schizofrenico. Gli viene riconosciuta la totale infermità mentale viene e internato in un manicomio criminale a Reggio Emilia. Nella struttura il giovane mantiene una ferrea disciplina: scrive, studia, non si lamenta mai e si occupa dei conti correnti dei detenuti. I medici nutrono la speranza di un recupero, tanto che il 27 novembre 1985 gli viene accordato un permesso per un corso in geolologia all'università. Esce e non fa più ritorno in cella. La sua natura lo chiama e Roberto si dà alla fuga. Di nuovo. Passa la frontiera con la Francia con la sua carta d'identità il 1° dicembre 1987. Ormai fuori dai confini si dà a ogni tipo di crimine: si introduce in una villa e violenta una 23enne, uccide un brigadiere della Gendarmeria Nazionale Francese, un medico, un ispettore di polizia e due ragazze di 17 anni.
Arrestato da un collega del padre
Sequestri, rapine, violenze, ormai Succo è inarrestabile. Attraversa i confini e va in Svizzera. Le autorità lo cercano come uno dei più scellerati e pericolosi criminali, i giornali diffondono la sua foto. Nel frattempo una ragazza conosciuta a Tolone lo riconosce come Kurt, il suo fidanzato. Il 28 febbraio 1988 all'esterno di Santa Lucia di Piave, Succo viene arrestato delle forze dell'ordine. A mettergli le manette a Treviso è Raffaele Ruggiero, un poliziotto che era stato collega a del padre di Roberto. Le autorità francesi chiedono l’estradizione. Trasferito in carcere si renderà protagonista di una scena memorabile: tenta nuovamente la fuga arrampicandosi su un tetto. Lì si spoglia nudo e comincia a dare spettacolo prendendosela prima con la folla di curiosi che intanto si è raccolta dabbasso, poi con le autorità, e infine con i giornalisti. Alla fine, nella concitazione, cade dal tetto e viene soccorso e medicato. Cade da un'altezza di sei metri, non si ferisce gravemente, ma l'episodio appare come una lampante prova della sua instabilità. Si attende una nuova perizia.
Il suicidio
Nel 1988 viene trasferito nel carcere di massima sicurezza San Pio X di Vicenza. La sera tra il 22 e il 23 maggio 1988, a pochi giorni dal trasferimento all’ospedale di Reggio Emilia, le guardia carcerarie si assicurano che tutto sia in ordine nella cella del detenuto. Succo dorme con il cuscino sulla faccia, tutto è a posto. L'indomani gli agenti lo trovano nella stessa posizione. Il cuscino, in realtà, era una federa foderata con una busta di plastica nella quale aveva sprigionato una bomboletta di butano. Si suicida a 27 anni asfissiandosi con il gas. I familiari che gli restano non vogliono la sua tomba e Roberto viene tumulato nel cimitero di Mestre.
Il "Killer dagli occhi di ghiaccio"
La figura di Roberto Succo ha esercitato una grande fascinazione nella memoria collettiva, tanto da ispirare l'opera del drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès, "Roberto Zucco". Lo scrittore malato di Aids, non vedrà mai la rappresentazione del dramma, che andrà in scena due anni dopo la sua morte. La vicenda ispirò è anche al centro di Roberto Succo, pellicola diretta nel 2001 da Cédric Kahn.