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Marito e moglie uccisi su ordine del figlio 16enne: il massacro di Ferrara

L’11 gennaio 2017 due adolescenti di 16 e 17 anni vengono trattenuti in stato di fermo per il duplice omicidio di Nunzia e Giovanni Vincelli, la madre e il patrigno del 16enne. Il ragazzo è accusato di aver commissionato all’amico (per soldi) l’omicidio dei genitori avvenuto 24 ore prima, nella loro villetta di Pontelangorino (Ferrara).
A cura di Angela Marino
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Il duplice omicidio di Ferrara
Il duplice omicidio di Ferrara

Pontelangorino è una minuscola località di circa mille anime a 52 minuti da Ferrara, nel comune di Codigoro, tra le Valli di Comacchio e la costa del Mare Adriatico. Un tempo territorio paludoso, dopo diversi interventi di bonifica è diventato un paese che vive di agricoltura. Una cittadina tranquilla in quella Emilia Romagna che conserva ancora un volto rurale, dove si lavora sodo e si ha poco tempo per lo svago.

La scoperta

Nella solitudine ovattata delle villette di periferia, la mattina del 10 gennaio 2017, alle 13, un ragazzino in lacrime chiama vicini e carabinieri. È sconvolto, rincasando per il pranzo ha scoperto i cadaveri della mamma e del patrigno. I corpi, trovati l'uno in garage e l'altro in cucina, erano stati straziati. In pochi minuti la villetta viene sequestrata dalla Polizia Scientifica, fuori dai cancelli si forma un assembramento di vicini e conoscenti. Tra i presenti si vocifera di una rapina cruenta, ma le autorità non si sbilanciano. La priorità è portare al sicuro R., il ragazzino scampato alla strage, evidentemente ancora sotto choc. Intanto vengono avvertiti gli altri parenti della coppia a Torino, tra cui un altro figlio dell'uomo e iniziano i rilievi nella villetta. Gli agenti della Polizia Scientifica si trovano davanti una scena del crimine piuttosto eloquente. Ci sono diverse impronte di scarpa. I corpi sono stati massacrati con un'arma da taglio, presumibilmente un'ascia. I volti delle sono coperti da un telo di plastica. Una dinamica molto singolare per una rapina, soprattutto perché mancano segni di effrazione.

Le vittime

Un altro interrogativo riguarda la vittime. Chi sono i coniugi uccisi? Nunzia (45 anni) e Salvatore Vincelli (59) si erano conosciuti anni prima in una mensa, a Torino. Lui responsabile della cucina, lei cuoca, si erano innamorati e sposati. Quando R. il figlio di lei, aveva 4 anni, i coniugi si erano poi trasferiti dal capoluogo piemontese in Emilia, dove una zia di Nunzia aveva offerto loro la possibilità di rilevare il suo ristorante a San Giuseppe di Comacchio. Era il 2004. La loro vita da quel momento era diventata monotona: lavoravano al locale dalle 10 alle 15 e 30 e dalle 17 a mezzanotte. Una vita dedicata al ristorante e al benessere di quell'unico figlio a cui non mancava mai nulla, dall'IPad alle scarpe firmate.

La confessione

Dopo la scoperta i carabinieri interrogano il ragazzo. Lo studente afferma di essere stato in compagnia dell'amico M. nelle ore precedenti al delitto. Il racconto è confuso, in diversi passaggi anche incongruente con altre dichiarazioni e M. viene convocato per confrontare la sua versione con quella del 16enne. Anche la sua ricostruzione, però, appare piena di falle. Così i due ragazzi vengono ascoltati attraverso le cimici installate in caserma. L'intercettazione ambientale registra uno strano colloquio: "Ti sei tolto i calzini? Dice R. a M., l'altro lo rassicura: "Sì, anche le scarpe, guarda". Intanto i rilievi dei carabinieri guidati dal colonnello Marco De Martino, chiariscono la dinamica del duplice omicidio: il killer ha sorpreso le vittime mentre dormivano e le ha aggredite a colpi di ascia. Entrambi si sono svegliati, come dimostra la presenza delle lenti di Salvatore sotto il letto, dove sono finite, presumibilmente dopo l'attacco.

Il massacro

I due sono stati massacrati e poi incappucciati con un telo di plastica nel proposito di occultarne i cadaveri e poi inscenare una rapina. Ascoltati per ore, alla fine i due ragazzi crollano. È M. ad ammettere per primo il coinvolgimento nel massacro. È stato lui ad ucciderli con un'ascia mentre il suo amico, nell'altra stanza, vigilava che tutto andasse come previsto. Sì, è proprio lui, il figlio delle vittime, il mandante di quello scempio. Mentre venivano uccisi i coniugi hanno levato un grido disperato chiamando il figlio per nome, perché andasse loro in aiuto. R. però, attendeva nell'altra stanza, dove si era spostato dopo aver aperto una finestra per lasciar passare l'amico. È lui stesso a confermare questi dettagli, ammettendo di aver ordito quella trama settimane prima. Dopo il delitto, con i corpi della coppia ancora in casa, i due avevano trascorso alcune ore a giocare ai videogame, per poi andare a dormire a casa di M., dove l'indomani si sono svegliati.

Il carcere

L'11 gennaio, a 24ore dai fatti, i due ragazzi vengono trattenuti in stato di fermo per il duplice omicidio. M. resta al Pratello di Bologna, R. viene trasferito nel carcere piemontese perché possa stare vicino ai familiari. I rilievi del Ris all'interno della villetta, intanto, confermano la confessione: le impronte di una scarpa Adidas numero 41, trovate sulla scena, sono compatibili con le suole di M. Il piano, da quanto emerge dalle intercettazioni e dalle confessioni, era quello di uccidere i genitori di R. e poi liberarsi dei cadaveri gettandoli nel fiume con dei pesi legati alle caviglie. Il corpo di Salvatore, infatti, è stato trovato nel garage da dove evidentemente sarebbe stato caricato in auto, operazione nella quale però, i due ragazzi non sono riusciti. Quanto all'arma del delitto, sono proprio i due amici a farla ritrovare in un tombino a Caprile, insieme a un borsone contenente le corde sporche di sangue con cui hanno tentato di spostare i corpi e i vestiti indossati durante il massacro. Nello stesso borsone ci sono anche un paio di scarpe taglia 41.

Il movente

La notizia del fermo dei due ragazzi fa il giro del paese. La comunità è scioccata da quel duplice delitto senza un perché. Un motivo, tuttavia, esiste ed è da ricercare, in un caso in conflitti e disagi sommersi, nell'altro, in motivazioni molto più concrete. Se R. aveva dei motivi di risentimento nei confronti dei genitori, quale sarebbe, si domandano i cittadini di Pontelangorino, il motivo che ha spinto il diciassettenne M. a prendere parte in prima persona al progetto omicida? Sarebbero i soldi,secondo quanto egli stesso ammette, il motivo che ha spinto un giovane di 17 anni a massacrare a colpi di ascia i genitori dell'amico: 80 prima e 1000 a lavoro ultimato. Il ragazzo era stato ‘assoldato' dal coetaneo per aiutarlo a liberarsi dei genitori, anche questo particolare, sono gli stessi ragazzi a confermarlo.

Chi sono i due ragazzi indagati per il duplice omicidio

Cos'hanno di diverso i due amici killer da tutti i loro coetanei? Apparentemente, solo il fatto di dormire in un cella. Entrambi avevano la ragazza, non erano studenti brillanti e spesso R. veniva rimproverato dai genitori per i pessimi voti, ma non c'erano grossi problemi, soprattutto dal punto di vista della condotta. Due bravi ragazzi, che giocavano ai videogiochi, andavano a scuola e uscivano con le fidanzatine. Erano legati da un'amicizia profonda, tanto che M., come ha ammesso, avrebbe "fatto di tutto" per l'amico e, infatti, ha condiviso il piano omicida di R.. Come Erika e Omar – i due fidanzatini adolescenti che uccisero a coltellate la madre e il fratellino di lei, ndr. – anche i due amici hanno agito nell'ambito di un rapporto morboso. Figlio unico, R., era cresciuto nella villetta con il patrigno e la madre, senza desiderare nulla che i suoi non si affrettassero a comprargli, a patto che recuperasse quei brutti voti. M., maggiore di tre figli di cui uno, il fratellino, disabile, viveva poco distante dalla villetta. Anche se più grande di un anno, era legato a R. da un legame di dipendenza. Oggi i due ragazzi sono reclusi in due strutture detentive per minori diverse e non possono comunicare tra loro. M. ha accettato di seguire un percorso terapeutico, mentre R. sarebbe, a detta del suo avvocato, "pentito e sconvolto".

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