Diario di guerra, giorno uno: no, non è scoppiata nessun’altra crisi in giro per il mondo (bastano e avanzano quella russo-ucraina, quella israelo-palestinese e quella sirio-irachena), ma a Piazza Affari si respira aria di imboscata. E’ infatti bastato un accenno da parte di Mario Draghi, numero uno della Bce, in una conferenza stampa altrimenti povera di spunti (salvo un riferimento al futuro quantitative easing quando il banchiere centrale europeo ha spiegato che i lavori per l’acquisto di cartolarizzazioni di crediti, o Abs, “si sono intensificati”) a far scattare vendite copiose sui titoli finanziari italiani. Che ha detto Draghi (che per chi l’avesse dimenticato è l’ex governatore di Banca d’Italia) in conferenza stampa oggi? Ha spiegato che ormai “è ora di cedere sovranità sulle riforme”. Un accenno che sembra una previsione (o una promessa?) di prossimo “commissariamento” per quei governi che, come quello italiano, di riforme sinora ne hanno promesse molte ma fatte poche o nessuna.
Non solo: a far aumentare la tensione è anche il trascinarsi della crisi russo-ucraina, che per Draghi non si può ancora dire se e quanto peserà sulla ripresa europea ma che per molti analisti già sta iniziando a mandare qualche segnale preoccupante: dopo il deludente dato di ieri del Pil italiano (che per poter centrare il +0,8% stimato dal governo dovrebbe crescere attorno all’1,5% annuo nel trimestre in corso, che peraltro comprende agosto, mese non proprio da attività “a manetta”, e al 2% negli ultimi tre mesi dell’anno, quando potrebbe arrivare una eventuale “manovra correttiva”) sono arrivati quelli degli ordini e della produzione industriale tedesca (entrambi negativi) e quello della produzione industriale spagnola (cresciuta, ma meno del previsto). A questo punto ci sarebbe da sperare che già i numeri scontino almeno in parte l’ipotesi “agosto 2008 bis”, ossia una situazione di scontro simile a quello verificatosi tra Russia e Georgia in quell’anno per il controllo dell'Ossezia del Sud non ci sia invece da scontare un effetto “agosto 2011 bis”, quando i mercati “scaricarono” il governo Berlusconi affondando i Btp italiani.
Fate pure i gesti scaramantici del caso, ma per dirla come un amico ed ex trader professionista, “si sente l’odore del sangue, gli squali sono in piena caccia e l’Italia è un territorio facile dove cacciare”. Insomma: se siete amanti del rischio potreste approfittare (senza fretta) di questi giorni per fare qualche investimento in borsa, dove non si capisce perché un titolo come Bper debba perdere oltre il 13% nel giorno in cui annuncia una semestrale chiusa con un ritorno all’utile, un calo del 5% degli accantonamenti a rischi su crediti ed in cui l’istituto ha visto il coefficiente patrimoniale CeT1 “fully phased”salire al 10,43% tenendo conto dell’aumento di capitale da 750 milioni concluso con successo a luglio e senza considerare i benefici derivanti dalla validazione dei modelli interni. Oppure, con ancora minor fretta, potreste valutare di investire in Btp se dovessero esserci altre giornate come queste in cui il rendimento sul decennale guida è salito al 2,82% e lo spread contro Bund all’1,73%.
Ma se siete investitori prudenti, forse è meglio che ora andiate in ferie e vi dimentichiate dei mercati finanziari, meglio se prima vendendo una parte di Btp (se li avete in portafoglio) per dormire più sereni, quasi come un’assicurazione. I problemi veri, semmai, arriveranno al rientro dalle ferie: l’autunno si avvicina e rischia di essere più caldo di questa estate anomala sotto tanti profili, non solo meteorologico. L’accenno di Mario Draghi è interpretato dai più come l’ultimo (o quasi) rintocco di un orologio che sta scandendo lo scadere del tempo concesso a Roma per fare le riforme strutturali che la Ue ritiene da sempre necessarie e che nessun governo italiano ha mai avuto la forza di fare (preferendo baloccarsi con riforme “istituzionali” di sapore bizantino, col vagheggiare nuove privatizzazioni, con lo spronare a parola gli investitori a puntare sull’innovazione e sui giovani salvo poi non fare nulla in campo fiscale per incentivare tali eventuali investimenti).
Come scriveva Mario Seminerio già a maggio (quando ancora l’obiettivo di una crescita reale del Pil dello 0,8% annuo, +1,7% nominale, insufficienti a fa migliorare il rapporto debito/Pil ma almeno in grado di non far sforare il rapporto deficit/Pil sembrava difficile ma non così impossibile da raggiungere), “in condizioni di bassa crescita del Pil, reale e (soprattutto) nominale, l’andamento del nostro rapporto di indebitamento rischia di andare fuori controllo”. Gli investitori internazionali sinora hanno fatto finta di non vedere ma i tempi di reazione dei mercati sono molto brevi e se scoprissero “che esiste un rischio di sostenibilità del nostro debito”, sarebbe fin troppo facile immaginare un’inversione dei flussi, sinora favorevoli all’Italia e ai suoi titoli di stato, degli investimenti finanziari netti.
A quel punto secondo Seminerio “potrebbe rendersi necessario un programma di assistenza sovranazionale del tutto simile ai memorandum utilizzati per Grecia, Portogallo ed Irlanda, magari nella nuova forma di “accordo contrattuale bilaterale” con la Commissione di Bruxelles”. Che per inciso è una delle sole tre ipotesi che come dicevo ieri il governo Renzi ha di fronte a sé nel caso non riesca a sbloccare in nessun modo la crescita economica (cosa che richiederebbe una ripresa della domanda interna e una tenuta di quella esterna). Decisamente sarà un agosto interessante, non solo metereologicamente, che siate al mare o in città.