Mare Jonio, la procura di Agrigento non convalida il sequestro della nave
Il sequestro preventivo della nave Mare Jonio, sbarcata a Lampedusa con a bordo 30 migranti soccorsi nel Mediterraneo, non è stato convalidato dalla procura di Agrigento. Il sequestro è stato eseguito venerdì e notificato all’imbarcazione solo nella stessa serata, dopo che ad annunciarlo – già in mattinata – era stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini. La notifica del sequestro non è stata inizialmente inviata all’equipaggio, come aveva confermato a Fanpage.it anche il deputato di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto. Solo in serata è arrivata la notifica, accompagnata dalla notizia che il comandante e tutto l'equipaggio della nave erano indagati. In questo caso, però, la smentita è arrivata quasi subito: sabato mattina è stato infatti reso noto – dalla procura di Agrigento – che non è stato indagato tutto l’equipaggio.
La procura di Agrigento non ha quindi convalidato il sequestro preventivo della nave, eseguito su iniziativa della Guardia di finanza al momento dello sbarco a Lampedusa. L’imbarcazione aveva soccorso, in acque internazionali, un gruppo di migranti che viaggiavano su un gommone in avaria: tra di loro c’erano anche alcuni minori, tra cui una bambina di un solo anno, e due donne incinte. I pm, invece, hanno disposto il sequestro probatorio della nave: una decisione che dipende dalla volontà di effettuare ulteriori accertamenti. La notizia è stata confermata dal legale del progetto Mediterranea, Fabio Lanfranca. Si tratterebbe, in sostanza, di un atto dovuto per poter proseguire le indagini.
Secondo quanto sottolineano da Mediterranea, questa differenza tra i due tipi di sequestro è "un aspetto importante perché la Guardia di finanza, su input del Viminale, intendeva usare il ‘preventivo' per bloccare la Mare Jonio ‘ed impedirgli definitivamente di reiterare il reato'. La scelta della procura invece è orientata dalla ‘necessità di accertare i fatti' e dunque di verificare attraverso un’indagine se vi sia o meno ‘un reato'. Da leggersi in questo senso anche la scelta di iscrivere nel registro degli indagati solo il comandante e il Capo missione, e non l’intero equipaggio come pretendeva il Viminale". Dal progetto Mediterranea sottolineano ancora: "Come sempre noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità, certi di avere sempre rispettato il diritto e i diritti, oltre che la dignità della vita umana, al contrario di chi, da posizioni istituzionali, si rende complice della morte in mare o della cattura e della deportazione di donne uomini e bambini verso i lager di un paese in guerra come la Libia".