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Manovra, aumentano i malumori nel Pdl. Bersani: ”Già figlia di nessuno”

Oggi pomeriggio il decreto che punta a risanare i conti pubblici arriva in Senato, ma il provvedimento non convince pezzi interi della maggioranza (i cosidetti frondisti) pronti a presentare una sorta di manovra alternativa. Una situazione ben riassunta dalle parole del leader del Pd.
A cura di Biagio Chiariello
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Consiglio dei Ministri su manovra economica

Il cuore del premier "gronda sangue" ma la manovra bis non convince. Non solo l’opposizione ma anche la maggioranza stessa storce il naso alla vigilia della presentazione in Senato (Assemblea convocata oggi alle 16.30) del decreto che ha l'obiettivo di azzerare il deficit e che dovrebbe rassicurare i mercati sulla tenuta del debito italiano.

No al contributo di solidarietà; aumento di un punto dell'Iva non agevolata; dismissione di una parte considerevole del patrimonio immobiliare dello Stato; privatizzazione delle grandi aziende; fusione e non cancellazione di Province e Comuni; innalzamento dell'età pensionabile: sono queste le richieste della squadra dei "frondisti" del Pdl che si allarga giorno dopo giorno. "Ci hanno definito ‘frondisti' – dice Isabella Bertolini, vice presidente dei deputati del Pdl – ma non ci offendiamo: piuttosto, siamo liberali e convinti di essere in un partito liberale dove si può discutere, ci si può confrontare. Ed è quello che vogliamo fare, di fronte ad una manovra che così com'è non ci piace perché ci appare iniqua e non risolutiva".

Nonostante il premier – a sorpresa – abbia bocciato sia l'ipotesi di un aumento dell'Iva, sia la proposta di sostituire il contributo di solidarietà per i redditi sopra i 90.000 euro con altre misure, nella giornata di martedì nuovi affondi al pacchetto anti-crisi sono arrivati da Antonio Martino, ex ministro e tra i fondatori di Forza Italia, secondo cui la manovra "non riduce le tasse, non rilancia la produttività, non serve a nulla". Se la struttura dell'intervento finanziario previsto dal governo non sarà modificato, Martino evoca la marcia anti-fisco che si svolse a Torino il 23 novembre di 25 anni fa. ‘Se il governo fa passare la manovra cosi com'e' – avverte l'esponente del Pdl – l'anniversario della manifestazione del 1986 lo organizzeremo a Roma e ci saranno mezzo milione di persone in piazza".

La manovra ha causato il malumore anche del ministro dei Beni Culturali, Giancarlo Galan, convinto che l'abolizione degli enti pubblici non economici con meno di 70 dipendenti (a rischio sono l'Accademia della Crusca, l'Accademia dei Lincei, la Scuola Archeologica di Atene e gli Istituti Storici Italiani) sia "del tutto inutile, illogica e grossolana". Una disposizione che va "immediatamente cancellata ed a questo proposito – annuncia – firmerò io stesso un emendamento soppressivo del comma 31, se non avrò certezza di un chiaro intervento in questa direzione".

Punti di vista che sembrano ben riassunti nelle dichiarazioni di Pier Luigi Bersani: "La manovra è già figlia di nessuno" ha sparato il segretario del Pd, che ribadisce che per discutere della manovra ci dovranno essere due condizioni: "Equità fiscale e crescita del lavoro". Il numero uno dei democratici non si fida della disponibilità al dialogo dimostrata dal premier in questi giorni:"Adesso dice così perché deve dare un messaggio di tranquillità al suo pollaio, perché c'è un sacco di gente del centro-destra che vorrebbe cambiare la manovra. Dopodiché, abbiamo avuto 47 fiducie, e credo che quando saremo "sotto", per problemi interni alla maggioranza, Berlusconi ci ripenserà".

La replica a Bersani giunge da Umberto Bossi che, dopo aver definito "cog**one" il "nano di Venezia" Brunetta, non risparmia frecciate contro il leader del Pd: "Bersani non ho capito cosa vuole, lo capirò quando gli parlerò a Roma, se lo vedo gli parlo". E ai cronisti che lo stuzzicano, risponde pronto. "Se Bersani mi è simpatico? No, sono io che sto simpatico a lui".

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