Magi (+Europa): “Il vincolo di mandato è incostituzionale, chiedo a Fico di intervenire”
Il vincolo di mandato torna a far discutere. Il M5S lo ha inserito nel suo statuto, approvato il 27 marzo scorso, prevedendo una multa da 100mila euro da versare al partito per chiunque abbandoni il gruppo, in seguito a espulsione o abbandono volontario. Per questo il deputato di +Europa Riccardo Magi ha voluto scrivere una lettera al neoeletto presidente della Camera Roberto Fico: "Una regola stabilita da un gruppo parlamentare che vìola le norme costituzionali non può e non deve essere ammissibile".
Spiega il leader dei radicali: "La sanzione prevista dall'articolo 21 dello statuto contraddice palesemente l'articolo 67 della Costituzione che recita: "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Sancire la fedeltà al partito non va nell'interesse dei cittadini ma esclusivamente, appunto, del partito stesso. Rappresentare la Nazione significa rispondere al principio della genuina e libera formazione del convincimento di voto, in base alle circostanze e agli accadimenti. Dunque – continua Magi – la possibilità che uno o più parlamentari iscritti al gruppo del M5S agisca con la paura di essere sanzionato per le proprie scelte in Parlamento è inaccettabile e svuota la funzione del parlamentare così come prevista dalla Costituzione. Credo quindi che, da Presidente della Camera, Roberto Fico debba assumere ogni iniziativa utile a scongiurare questo rischio, prima ancora dell'eventuale intervento di un giudice civile o di un giudice costituzionale che, chiamati a decidere, non potrebbero che considerare la norma dello statuto del gruppo del M5S giuridicamente non vincolante. È stato lo stesso Presidente Fico, nel suo discorso di insediamento, a sottolineare la necessità che il Parlamento ritrovi la centralità che gli è garantita dalla Costituzione: si cominci assicurando all'interno della Camera il rispetto dei principi costituzionali e delle prerogative parlamentari".
La lettera del deputato che spiega come il divieto di mandato imperativo sia da sempre un principio cardine della democrazia rappresentativa. E cita una sentenza del 1964, secondo cui un parlamentare è "libero di sottrarsene e nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a suo carico per aver votato contro le direttive del partito".
Il costituzionalista Costantino Mortati si era espresso chiaramente sull'argomento nel 1949:
"Il divieto del mandato imperativo, finché rimanga, come avviene da noi, principio costituzionale, rende impossibile di rendere giuridicamente azionabile il vincolo assunto dal deputato verso il partito. Tale vincolo potrebbe formare solo il contenuto di una obbligazione naturale, valida cioè quando sia spontaneamente adempiuta e garantita da sanzione indiretta, come potrebbe essere la mancata riproposizione del dissenziente nella lista dei candidati per le successive elezioni".
Ora si attende la risposta del pentastellato Roberto Fico.