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Mafia, omicidio dell’agente Nino Agostino: perquisizioni in casa di Bruno Contrada

A sorpresa agenti delle forze dell’ordine, su autorizzazione della Procura Generale di Palermo, si sono presentati a casa dell’ex numero due dei servizi segreti italiani Bruno Contrada nell’ambito delle indagini sulla morte dell’agente di polizia Nino Agostino, ucciso con la moglie in un agguato nel 1989 a Villagrazia di Carini nel Palermitano.
A cura di Antonio Palma
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Perquisizione a sorpresa nella mattinata di venerdì in casa dell'ex numero due del Sisde Bruno Contrada nell'ambito dell'inchiesta sulla morte dell'agente di polizia Nino Agostino, ucciso a fine anni '80 in un agguato mafioso nel Palermitano. Agenti delle forze dell'ordine si sono presentati nell'abitazione dell'ex funzionario di polizia con un mandato di perquisizione firmato dalla Procura Generale del capoluogo siciliano che da tempo ha avocato a se l'inchiesta sul delitto Agostino dopo anni di indagini infruttuose costellate da rivelazioni, smentite e depistaggi che avevano spinto i pm a chiedere l'archiviazione del caso senza colpevoli. Una richiesta a cui si era opposta anche la famiglia di Agostino che ha sempre lottato perché la verità venisse a galla.

Antonino Agostino, detto Nino, era un poliziotto che era entrato a fare parte del SISDE, il servizio segreto italiano, nel ruolo di "cacciatore di latitanti".  Venne freddato con diversi colpi di arma da fuco a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989 insieme alla moglie Ida Castelluccio, sposata appena un mese prima ed incinta di due mesi. I due vennero raggiunti dai sicari a bordo di motociclette davanti alla villa di famiglia dove la coppia doveva festeggiare il compleanno della sorella di lui. Per quel tragico agguato però ancora non esiste un colpevole per la giustizia italiana. Dopo una improbabile pista passionale, le attenzioni degli inquirenti da tempo si son soffermate  sulle indagini che Nino Agostino stava svolgendo in quel momento: il fallito attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone e i rapporti tra il mondo delle istituzioni e delle forze dell'ordine con i vertici mafiosi di Cosa nostra.

Una pista che ha visto indagati molti esponenti della criminalità organizzata siciliana come i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto, ma anche personaggi al limite e controversi  come l'ex ispettore di polizia con un passato nei servizi segreti, Giovanni Aiello, soprannominato "faccia da mostro", morto nei mesi scorsi.  La stessa pista di cui è convinta anche la famiglia di Agostino. "Ogni volta che sta per arrivare il processo c’è sempre un impedimento. Desidero a questo punto chiudere il caso, io la verità la so già", ha dichiarato infatti alcuni giorni fa il padre del poliziotto ucciso, concludendo: "Nino ha scoperto chi erano i conniventi della questura e della squadra mobile di Palermo collusi con la mafia ed è morto da eroe". Intanto i titolari del'inchiesta , il procuratore generale  Roberto Scarpinato e i sostituti Domenico Gozzo e Umberto De
Giglio, nei giorni scorsi hanno  disposto accertamenti su una calibro 38 trovata in un arsenale della mafia in contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato, nel 1996. Tra fucili,
mitragliatori, munizioni, mine anticarro e congegni elettrici del boss Giovanni Brusca venne sequestrata una pistola che ha attirato l'interesse degli inquirenti. L'arma, che i boss hanno cercato di alterare e che è stata danneggiata, verrà' esaminata dai consulenti della Procura generale, da quelli dei due indagati per il delitto, e dal
perito del gip. Gli accertamenti, che dovranno valutare se c'è compatibilità tra la calibro 38 ritrovata e la pistola usata dai killer, verranno svolti nel corso di un incidente probatorio il 18 luglio.

"E' una persecuzione giudiziaria che va avanti da anni. Attendiamo che finisca, ma è evidente che a un anno dalla sentenza della Cassazione, che ha revocato la condanna di Contrada, qualcuno ha dimenticato che il mio assistito è e rimane un uomo innocente e incensurato" ha dichiarato l'avvocato di Contrada commentando la perquisizione della Dia in corso in casa dell’ex numero due del Sisde. Contrada infatti era stato condannato per concorso in associazione mafiosa a dieci anni ma, dopo un lungo e controverso iter processuale che ha visto anche il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, un anno fa la Cassazione ha annullato senza rinvio la decisione dell’appello revocando la condanna.

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