Mafia, il pentito: “Faccia da mostro partecipò all’omicidio dell’agente Agostino”
L'ex poliziotto ed ex agente dei servizi segreti Giovanni Aiello "partecipò all'omicidio dell'agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio", La pesante accusa nei confronta di Aiello, chiamato "faccia da mostro" per una cicatrice sul viso, arriva dal collaboratore di giustizia ex mafioso Vito Lo Forte durante l'incidente probatorio nel corso della prima udienza del processo davanti al gip di Palermo Maria Pino. Dell'assassino del poliziotto e della moglie incinta, avvenuto il 5 agosto 1989, sono accusati i boss mafiosi Gaetano Scotto e Antonino Madonia. In presenza dei pm del capoluogo siciliano Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, che rappresentano l'accusa, il pentito ha raccontato di aver saputo dell'omicidio di Antonino Agostino "da Gaetano Vegna". "Seppi che il poliziotto era stato ammazzato da Nino Madonia, che sparò, e da Gaetano Scotto, che guidava la moto" ha raccontato Lo Forte, aggiungendo però che "Madonia e Scotto hanno agito con Giovanni Aiello, che subito dopo l'omicidio aiutò i due a distruggere la moto usata e a farli scappare a bordo di un'auto pulita per non destare sospetti".
Rivelazioni scioccanti condite da altri particolari ancora più drammatici. Secondo il collaboratore infatti l'omicidio "venne deciso per fare un favore a importanti funzionari di Polizia", anche se non ha saputo dire chi fossero questi funzionari infedeli. Lo Forte ha anche rivelato di conoscere personalmente Aiello "perché gli fornivo la cocaina mentre era ai Servizi segreti" e di sapere che la conoscenza tra Aiello e Gaetano Scotto durava "fin dagli anni Ottanta". Le sue ricostruzioni saranno messe a confronto con quelle dei pentiti Giovanna Galatolo e Vito Galatolo. Quest'ultimo in particolare ha indicato Aiello come "un soggetto visto più volte a vicolo Pipitone, anche in occasione della presenza di boss latitanti" e ribadito di avere visto "in vicolo Pipitone Bruno Contrada", l'ex 007 condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Del resto la morte del poliziotto e della moglie è stata da sempre avvolta nel mistero. Nino Agostino infatti stava indagando sul fallito attentato dell'Addaura dove si trovava la villa di Giovanni Falcone e dove fu trovato un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo e alcuni documenti sparirono dalla casa della coppia dopo il duplice delitto. Il padre Vincenzo non taglia la barba da quel 5 agosto 1989, per chiedere giustizia per la morte del figlio e della nuora incinta.