Era il 1997 e la storia probabilmente non la conosceremo mai fino in fondo. Il Governo Prodi cercava faticose intese affidandosi alla Commissione Bicamerale al cui vertice sedeva (grazie anche all'appoggio dei parlamentari di Forza Italia) l'allora segretario dei Democratici di Sinistra Massimo D'Alema. Sul tavolo il progetto di riforma dell'architettura costituzionale, con le prime convergenze su un modello semi-presidenziale che più avanti avrebbe preso una forma meglio definita, con tanto di legge a doppio turno di coalizione. Un cammino interrotto bruscamente proprio dall'allora leader di Forza Italia ed ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, malgrado l'ormai celebre "patto della crostata" gli avesse garantito la sostanziale intoccabilità – impunibilità nel settore televisivo. Allora (dopo un annetto di tira e molla) il buon Silvio ritenne che il Paese non potesse rinunciare né al proporzionale né al cancellierato, riuscendo a far saltare il tavolo delle riforme e a far naufragare la Bicamerale.
Cosa nasconde la conversione al presidenzialismo del Cavaliere? – A dire il vero non si tratta della prima volta che la carta del presidenzialismo viene giocata dagli alfieri del centrodestra. Certo è che la conferenza stampa di stamattina giunge in un momento particolarmente delicato per la politica tradizionale, dopo la tempesta delle amministrative e non da meno in un clima da "lavori in corso" che accomuna gli schieramenti. Ma soprattutto arriva guarda caso, proprio quando sembra ineludibile la discussione della nuova legge elettorale, nonché la conversione dell'accordo raggiunto in Commissione Affari Costituzionali sulla razionalizzazione del sistema – partiti (sia dal punto di vista finanziario che strutturale). In questo senso è chiaro che il pericolo di un'altra manovra diversiva è reale e concreto. E l'ipotesi che si ripeta la storiella della Bicamerale è tutt'altro che da scartare. Lo dicono i tempi, strettissimi per una riforma costituzionale di tale portata. Lo dice l'esperienza e l'assenza di parole chiare sull'eventualità che si cambi "anche" la legge elettorale (e la timida difesa del Porcellum abbozzata in conferenza stampa da Berlusconi dovrebbe far riflettere). Ed è per questo che ora la palla passa a Bersani e Casini che hanno quasi il dovere di non avallare un giochetto che ha del paradossale; cercando di "non cadere in tentazione" ed evitando magari di mercanteggiare le condizioni. Perché nessuno nega la necessità di rivedere la macchina nel suo complesso (ed il modello francese non è affatto da scartare), ma sarebbe imperdonabile ripetere il triste balletto a cui siamo abituati, con ritardi e retromarce, smentite e scaricabarile. E votare con il Porcellum è un'eventualità da non considerare nemmeno…