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Opinioni

Ma che vuol dire antipolitica?

Da Bersani a Monti, passando per le penne più autorevoli ed influenti: la “psicosi” (finta) dell’avvento dell’antipolitica al potere e la paura (reale) del successo del Movimento 5 Stelle.
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Grillo-antipolitica

"Abbiamo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo […] Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dall’antipolitica si sbaglia alla grande. Se non la contrastiamo, spazza via tutti". Sinceramente chi scrive ha immediatamente avuto la tentazione di rispondere a queste dichiarazioni del segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani con la citazione di Seneca tanto cara a Matteo Renzi ("Non si ferma il vento con le mani") e passare immediatamente oltre. Un pensiero mutato solo in virtù della stima verso il buon Pierluigi e soprattutto della sostanziale condivisione di alcune posizioni tenute dal segretario del Pd nelle ultime settimane. E' chiaro però che sulla questione "partiti" il segretario del Pd sta rischiando di alienarsi quel consenso che pure era faticosamente riuscito a recuperare, tirando fuori i democratici dalle sabbie mobili dell'appoggio "scettico" al Governo Monti. E non tanto in relazione ad alcune considerazioni che (almeno a chi scrive) risultano finanche condivisibili, ovvero la necessità di non cedere di fronte all'avanzata del qualunquismo e della demagogia, nonché nel merito (e con qualche distinguo) del finanziamento pubblico ai partiti. Il punto è che Bersani rischia di diventare l'alfiere della "conservazione", sottovalutando un aspetto che resta fondamentale nelle dinamiche del consenso: la sfiducia pressocché totale nei confronti di una classe politica che ha fallito su tutta la linea e che dimostra giorno dopo giorno, inchiesta dopo inchiesta, quanto diffuse siano a tutti i livelli, arroganza, corruzione ed inettitudine. Riuscire a cambiare tout court il sistema dei Lusi e dei Belsito (e tra l'altro i democratici sono fra i pochi ad avere bilanci certificati già da qualche anno…) e allo stesso tempo difendere "la funzione imprescindibile dei partiti" è un compito arduo e gravoso, di cui coraggiosamente Bersani sembra volersi far carico, ma che rischia di avere ripercussioni importanti anche sulla pancia dell'elettorato democratico. Tanto più se ci si ostina ad utilizzare categorie grossolane e semplicistiche come "antipolitica" e "populismo".

Ma di quale antipolitica parliamo? – "Movimenti d'opinione di natura antipolitica, come quello di cui stiamo discutendo, e rompono dal seno della società e poi declinano rapidamente. La politica non è un'invenzione di qualche mente corrotta o malata, ma una categoria della vita associata". Il pregio più grande della proverbiale analisi di Scalfari sul movimento di Beppe Grillo (sostanzialmente il vero bersaglio dei "difensori della politica") è probabilmente quello di prestarsi ad elaborazioni successive e in qualche modo di costituire un punto di partenza imprescindibile. E non c'è dubbio sulla chiarezza del riferimento al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo delle parole di Bersani. Il quale del resto è in ottima compagnia, dal momento che praticamente tutti gli esponenti dei principali partiti italiani, nonché la stragrande maggioranza degli opinionisti dei maggiori media italiani, associano in maniera quasi automatica il concetto di "antipolitica" all'esperienza del Movimento 5 stelle. Intendiamoci, chi scrive non è affascinato "aprioristicamente" dalla figura dell'ex comico genovese, le cui "uscite" non sono esenti da una certa retorica e la cui "impostazione ideologica" vira inesorabilmente verso spiagge destrorse e fin troppo affollate, tuttavia bollare come antipolitica l'universo "grillino" è semplicemente ridicolo. Migliaia di aderenti, centinaia di migliaia di post di discussione, un laboratorio permanente ed un programma elaborato attraverso la libera partecipazione online, i prodromi di un radicamento territoriale basato su poche regole ben definite (e condivise), un giudizio preciso sulle esperienze precedenti e una elaborazione radicalmente "eversiva": insomma, al di là della condivisione o meno delle istanze, un'esperienza articolata e complessa, da analizzare senza pregiudizi o attraverso valutazioni semplicistiche e grossolane.

Ma soprattutto, di quale politica parliamo? – Già, perché non basta la constatazione della nebbia di demagogia e populismo che pure inevitabilmente avvolge le rivendicazioni del M5S. Bisogna seriamente prendere in considerazione l'ipotesi che non è solo l'immagine della classe politica italiana ad aver perso "fascino" nell'opinione pubblica. E' l'incapacità di incidere e rappresentare della politica italiana degli ultimi venti anni ad aver "regalato il Paese" ai populisti. E' la marea di indagini e "fatti" di cronaca ad aver legittimato il qualunquismo del "sono tutti uguali". E' il malcostume diffuso, l'arroganza, l'inettitudine, l'ignoranza, la pochezza culturale ad aver generato una frattura enorme tra il potere politico ed i cittadini, aprendo una voragine nella quale c'è spazio per tutto, dalla banalità antisistemica, al revanscismo (per non parlare della deriva forconiana, ad esempio). E' la rassegnazione alla "guida tecnica", alle rigide prerogative di bilancio e ai "dettami del mercato", da parte dei partiti un'altra delle ragioni della diffidenza con cui gli elettori guardano ai partiti tradizionali. E in tutto questo, pretendere di banalizzare la discussione appiccicando la targhetta "antipolitica" anche al Movimento 5 Stelle è atto di pura presunzione. Come ha scritto Peter Gomez sul Fatto:

Al di là dei giudizi sulle singole iniziative e prese di posizione, resta un fatto. Il Movimento 5 stelle è vivo e vuole crescere. E questo oggi, in un mondo popolato da partiti e leader ormai (politicamente) morti, è già tanto

Molto più logico sarebbe cominciare ad operare distinguo di una certa consistenza e riconoscere i caratteri di grande novità dell'esperienza del Movimento, nonché analizzare le ragioni che sono alla base dell'enorme mobilitazione (in senso politico del termine) che sostiene Grillo e che continua a strutturarsi e a radicarsi sul territorio. E certo, magari affiancando una critica di sostanza, come quella ad esempio di Wu Ming1 che, in un quadro di analisi ampio ed articolato, si sofferma sulla "degenerazione del grillismo" che per certi versi:

"appare sempre più come un movimento di destra: diversivo, poujadista, sovente forcaiolo, indifferente a ogni tradizione (anche recente) culturale e di lotta, noncurante di ogni provenienza politica […] mentre le energie di molti benintenzionati, in maggioranza giovani o addirittura giovanissimi, sono incanalate in un discorso in cui sono rinvenibili elementi di criptofascismo".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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