Ma davvero non c'è qualcuno dalle parti del Parlamento, tra i "leader" politici di quel che resta degli sconfitti o tra quelli che aspirano a farsi luce, che abbia il coraggio – ché serve coraggio per uscire dalla banalità, di questi tempi – di dire forte e chiaro che questa manfrina del taglio delle indennità è un rumore di fondo insopportabile mentre ci sarebbe da sapere che ne vogliamo fare dell'Europa, delle riforme sul lavoro, dei programmati innalzamenti dell'Iva, dei 153 morti da inizio dell'anno mentre compivano il proprio mestiere, del mondo che si sposta, della conversione ecologica sempre annunciata e sempre tradita, della scuola che si trascina, della genitorialità – così come la vecchiaia – che è diventata un lusso, della casa che è un sogno da disperare, della criminalità che non è mai stata così irracontata e tranquilla o di tutte quelle altre urgenze (mettiamoci pure quelle percepite, vanno bene anche quelle) che infestano la quotidianità degli italiani di destra, di centro, di sinistra e perfino di quelli né di destra né di sinistra?
Davvero non si leva una voce, una voce soltanto, che dica che l'appello di Di Maio affinché i membri dell'Ufficio di Presidenza di Camera e Senato si taglino l'indennità aggiuntiva proprio adesso nel momento in cui siamo tutti ansiosi di sapere quali sarebbero le priorità del Parlamento e come si pensa di formare un governo è una distopia delle priorità che risulta quasi offensiva? Davvero il risparmio di due milioni di euro di cui discetta Di Maio non cozza con gli stipendi che per cinque anni cinque dovremo pagare al "povero Dessì", ai furbetti dal rimborso mai rimborsato oppure con i milioni che mancano e che non riusciremo ad avere indietro dal buco nero delle casse della Lega o ancora, per provare a volare più alti, dalle centinaia di milioni che si intascano le mafie, i corrotti e i corruttori o le pregiatissime multinazionali che viaggiano su corsie fiscali preferenziali?
Ma davvero non c'è qualcuno, ne basterebbe uno solo autorevole, che spieghi come l'auspicabile senso della misura di chi occupa le istituzioni non possa essere elevato a emergenza nazionale? Ma davvero il taglio dello stipendio di una presidente del Senato come come Maria Elisabetta Alberti Casellati ci basterebbe per dimenticare la sua favoletta su Ruby nipote di Mubarak o il suo densissimo mestierare per fare passare tutte le vergognose leggi ad personam che Berlusconi ci ha propinato in questi anni? Davvero un Gasparri pagato meno sazierebbe la speranza di un Paese migliore?
C'è subalternità culturale (e politica) ogni volta che legittimiamo le fanfaronate di qualcuno prendendole sul serio, scrivendone sul serio. Il problema degli incapaci strapagati degli ultimi anni è la loro incapacità. E quella non si taglia.