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L’UE dice no al reato di clandestinità previsto dal pacchetto sicurezza italiano

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea boccia il reato di clandestinità proposto dall’Italia nel 2009 nell’ambito del pacchetto sicurezza. La corte ha ritenuto la norma in contrasto con la direttiva europea che ha tra i suoi obiettivi che “il rimpatrio avvenga secondo il rispetto dei diritti fondamentali”.
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emergenza immigrazione

Ebbene sì, il nostro è il paese dove è di casa la contraddizione. Mentre il Papa nel discorso di Pasqua ha confermato la necessità di accogliere i  fratelli migranti scappati a situazioni politiche ed economiche disagiate, e la Francia, nonostante le riserve, non prevede la sospensione del trattato di Schengen oggi arriva il verdetto dell'UE sul reato di clandestinità introdotto in Italia nel 2009, nell'insieme di norme previste dal cosiddetto "pacchetto sicurezza". Si tratta di un provvedimento di carattere diametralmente opposto all'immagine di Paese ospitale che la maggioranza ha tentato di diffondere nelle settimane in cui l'emergenza era clou.

Ad ogni modo, la Corte di Giustizia Europea ha bocciato il reato di clandestinità e la norma che prevede che gli immigrati irregolari che non lasciano il nostro paese vengano puniti con la reclusione. Secondo i giudici della Corte tale norma sarebbe in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri clandestini. Qualora tale legge venisse attuata, secondo la Corte, verrebbero meno uno degli obiettivi primari della direttiva comunitaria in questione, ovverosia quello di "instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali". Queste le parole di una nota diffusa dalla Corte: "La Corte considera che gli Stati membri non possono introdurre […] una pena detentiva […] solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare in detto territorio". Pertanto, secondo tale decisione i giudici dei singoli stati nazionali appartenenti all'Ue dovranno adeguarsi alle direttiva europea, disapplicando le disposizioni contrarie ad essa. Il caso preso come riferimento dalla corte riguarda Hassen El Dridi, un immigrato algerino, condannato dal tribunale di Trento alla reclusione nel 2010, per non aver rispettato l'ordine di espulsione emanato nel 2004.

Un tema caldo, specialmente in questi mesi di emergenza immigrazione in cui il nostro Paese, e specialmente l'isola di Lampedusa si trova ad affrontare una situazione di criticità elevata in cui l'UE è apparsa piuttosto lontana e  distante. Più volte chiamata in causa dai rappresentanti istituzionali non ha però offerto un contributo concreto per gestire l'emergenza. Ciononostante ugualmente cariche di pathos le parole di commento alla questione sollevata dalla Corte di Antonio Di Pietro, leader dell'IdV: "E' ormai provato che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell'uomo.[…] E' gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone."

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