Luca Traini condannato a 12 anni per la sparatoria di Macerata
Luca Traini è stato condannato a dodici anni di reclusione con l'aggravante dell'odio razziale e porto abusivo d'arma. Questa la decisione presa dai giudici della corte d'assise di Macerata dopo una camera di consiglio durata meno di 2 ore per il ventinovenne di Tolentino, autore del raid a colpi di pistola contro migranti avvenuto a Macerata il 3 febbraio scorso. Il procuratore capo Giovanni Giorgio in mattinata aveva chiesto per Traini proprio una condanna a 12 anni di reclusione per i reati di strage, lesioni e danneggiamento aggravati dai motivi di odio razziale. Partendo da una pena di 22 anni, la procura è arrivata alla richiesta di 12 tenendo conto delle attenuanti generiche per l'imputato e della riduzione di un terzo della condanna per il rito abbreviato. Oltre alla pena, l'imputato dovrà scontare poi anche tre mesi di libertà vigilata e dovrà risarcire le parti civili con somme da quantificare in sede civile. Nel giorno del raid xenofobo Luca Traini era capace di intendere e volere, pur alle prese con “tratti disarmonici” della personalità: questo quanto emerso dalla perizia psichiatrica realizzata da Massimo Picozzi, psichiatra incaricato dal presidente della Corte d'Assise di Macerata, Claudio Bonifazi.
Le scuse di Luca Traini durante il processo – Stamane Luca Traini, in apertura di udienza e prima della requisitoria del pm, ha letto cinque fogli di dichiarazione spontanea in cui si è scusato per quanto provocato a Macerata. “In carcere ho capito che il colore della pelle non c'entra”, ha detto l’imputato consapevole che “un poco di buono può essere sia bianco sia nero”. Traini ha detto anche che cercava solo giustizia per Pamela Mastropietro, la diciottenne romana uccisa e fatta a pezzi poco prima del raid di Macerata. “Non provo nessun odio razziale, volevo fare giustizia contro pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell'immigrazione: anche la mia ex fidanzata assumeva sostanze. In carcere ho maturato una nuova cognizione dei fatti”, così ancora davanti ai giudici.