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Luca Lazzareschi spiega “Clôture de l’amour” e si racconta (INTERVISTA)

A Galleria Toledo è andato in scena il grande successo di Pascal Rambert “Clôture de l’amour”, magistralmente interpretato da Anna Della Rosa e dal bravissimo Luca Lazzareschi che ci racconta lo spettacolo e riprercorre per noi le tappe della sua straordinaria carriera.
A cura di Andrea Esposito
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Basta avere un po’ di pazienza e prima o poi… Dopo “La merda” di Christian Ceresoli, per cui il pubblico napoletano ha dovuto attendere più di un anno e che si è potuto vedere solo grazie a Galleria Toledo, la storica sala dei Quartieri Spagnoli fa il bis portando in scena uno spettacolo che, come il precedente, è stato già applaudito in tutt’Italia (oltre 80 repliche) ma nessuno finora aveva pensato (o potuto, voluto…) mettere in cartellone: stiamo parlando di “Clôture de l'amour” di Pascal Rambert. Per l’occasione abbiamo realizzato una videointervista a Luca Lazzareschi, uno degli attori più talentuosi del teatro italiano, protagonista dello spettacolo insieme a Anna Della Rosa.

Luca Lazzareschi, biografia artistica

Il curriculum di Lazzareschi è davvero impressionante, a cominciare dalla sua formazione d'attore che avviene a Firenze alla “Bottega Teatrale” sotto la guida di maestri come Orazio Costa, Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi. In oltre trent’anni di carriera Lazzareschi ha affrontato un repertorio di autori molto vasto, ma i suoi punti di forza, che ne fanno uno degli attori più illustri del teatro italiano, sono Shakespeare (un anno fa Renato Palazzi lo definì "più alto del miglior Gassman" in “Antonio e Cleopatra”) e la Tragedia, il suo impegno con l’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa dura ormai da moltissimi anni. Nel corso dell’intervista gli abbiamo chiesto, però, quali sono state le tappe più importanti della sua lunga carriera e lui ci ha risposto così: “Il primo spettacolo, naturalmente, che era un “Macbeth” con Vittorio Gassman, in cui avevo una piccola parte, poi l’ultimo, ‘Clôture de l'amour', con cui ho capito alcune cose che non avevo colto nei trent'anni precedenti, mi sento veramente in debito con Pascal Rambert; poi ancora, l’'Amleto' diretto da Pietro Carriglio; ‘Erano tutti miei figli' di A. Miller con la regia di Cesare Lievi, molti spettacoli fatti con Gabriele Lavia che mi ha insegnato tantissimo, e poi ‘The Coast of Utopia' di Tom Stoppard, diretto da Marco Tullio Giordana.

Clôture de l'amour, la genesi

Clôture de l'amour (letteralmente: “Fine di un amore”) ha debuttato nel luglio 2011 al Festival d’Avignon riscuotendo subito un grande successo. Lì fu visto da Pietro Valenti, direttore di Ert (Emilia Romagna Teatro) che decise così di ospitarlo al festival VIE di Modena. Lo spettacolo originale, scritto e diretto da Pascal Rambert, era interpretato da Audrey Bonnet e Stanislas Nordey. In seguito, la stessa Ert, ne ha prodotto una versione italiana, anch’essa con la regia di Rambert, che ha come protagonisti Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi. Lo spettacolo, come si accennava, ha riscosso grande successo sia di pubblico che di critica e ha raggiunto quota ottanta repliche in tutta Italia. Ma la fortuna di questo testo non è solo italiana, "Clôture de l'amour", infatti, è stato tradotto in nove lingue e portato in scena in altrettanti paesi, tra cui anche Russia e Giappone.

lo spettacolo

In una grande stanza bianca, una sala prove o una palestra, una donna e un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi che però non diventano mai un dialogo. Entrambi si scaricano addosso le ragioni della fine della loro storia d’amore. Basta questo per riassumere la trama dello spettacolo. Si parte con il lungo monologo di Luca (i personaggi, da copione, hanno gli stessi nomi propri degli attori) che dura poco meno di un ora, dopodiché c'è un brevissimo intermezzo (un coro di bambini che canta per alcuni minuti e poi esce) e inizia il monologo di Anna (di circa 40 minuti). Questa la descrizione di ciò che avviene in scena. Rispetto al testo possiamo dire che si tratta di una sorta di flusso di coscienza (come lo stesso Lazzareschi ci racconta nell'intervista) in cui dalla tragedia dovuta alla fine di una lunga relazione si passa alla parodia di un certo teatro (troppo fisico, esasperato nei toni e nella carnalità della lingua) il tutto all'interno di un meccanismo che fa della meta teatralità il suo punto nevralgico. La drammaturgia di Rambert è tagliente, vibrante, ossessiva, concreta, secca, barocca… insomma dalle mille sfumature. Senz'altro la bellezza del testo (indubbia anche se non ci sembra così splendente come si vuole far credere) è messa in risalto dagli interpreti, due autentici fuoriclasse. Lazzareschi, in particolare, riesce a dare verità al suo personaggio nonostante il monologo sia palesemente sbilanciato verso l'astrazione: non esiste nella vita un dialogo in cui c'è uno che parla per un ora e l'altro ascolta in silenzio. La chiave, almeno così ci è parso, sta nel fatto che quei soliloqui (sia dell'uno, che dell'altra) siano in realtà delle "prove generali" che avvengono nel teatro della mente di ciascuno prima di affrontare "l'altro".

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