L’odissea di Vincenza Sicari: “Sono prigioniera dell’ospedale di Padova”
“Mi vogliono far passare per pazza”. E' il grido di aiuto lanciato da Vincenza Sicari, olimpionica della Maratona a Pechino 2008, chiusa nella sua stanza, senza aria condizionata in isolamento all'ospedale di Padova. Vincenza è stata sottoposta a TSO (trattamento sanitario obbligatorio), metodo ritenuto illegittimo dai suoi avvocati.
Questa è la sua storia allucinante. Nel 2013 Vincenza Sicari accusa i primi sintomi: febbre, sudore notturno, difficoltà nella deambulazione, formicolii. Cominciano le prime visite e a dicembre 2014 la convincono a farsi ricoverare per la prima volta all'ospedale San Camillo di Roma. I primi accertamenti non portano a risultati concreti, pertanto viene inviata presso un centro riabilitativo, dove un medico le propone esami più approfonditi a sue spese. E' così che Vincenza Sicari scopre di avere un timoma, ovvero un tumore al timo. Era quella – si pensa – la causa del suo malessere.
Vincenza si convince della diagnosi e ad aprile 2015 subisce un intervento chirurgico di asportazione del timoma, ma anziché migliorare le sue condizioni cominciano a peggiorare dando inizio a un vero e proprio calvario. Al brutto male seguono una polmonite e una paralisi dal tronco in giù. A Milano, dal professore Mariani, arriva la risposta: si tratta di una problema neuro muscolare dalle cause sconosciute. Non c'è una diagnosi precisa e nemmeno una cura. Per Vincenza ogni movimento diventa sempre più difficile. Da allora comincia un "pellegrinaggio" negli ospedali di mezza Italia e a tutt'oggi non ha una risposta, se non tentativi di farla passare per malata psichiatrica bisognosa di un trattamento sanitario obbligatorio a Padova. Eppure Vincenza Sicari vuole solo conoscere la sua malattia e una cura per ritornare a vivere.
Vincenza Sicari, atleta azzurra che ha fatto grande l'Italia dello sport, ha 39 anni. Nel 2008 ha raggiunto il picco della sua carriera arrivando 29esima nella maratona alle Olimpiadi di Pechino. Oggi però le gioie sportive sono solo un ricordo lontano. “Spero che qualcuno dall'alto si renda conto di quanto sta accadendo e prenda in mano la situazione. Voglio ripetere gli esami e poi se qualcuno ha sbagliato se la vedrà coi miei avvocati. Sono sicura di non avere una malattia rara”. L'incredibile odissea della Sicari sembra un brutto film. Gli avvocati che la assistono con dedizione hanno già richiesto al Comune di Padova la revoca immediata dell'autorizzazione al TSO. I legali denunciano l'illegittimità di un trattamento motivato con una documentazione inadeguata. Al momento ci sono pendenti procedimenti amministrativi e penali, a carico dell'ospedale di Padova, per alcuni fatti accaduti nel mese di luglio. In particolare nei giorni 17 e 24, senza consenso della signora Sicari, senza autorizzazione del Giudice Tutelare, senza preventiva comunicazione all'amministratore di sostegno, la donna è stata sottoposta a violenze morali oltre che fisiche e minacce di TSO. Lo scorso 19 luglio è stata trasferita con violenza e senza consenso in una stanza ufficio. Il 24 luglio è stata trasferita “con violenza” e senza consenso in Psichiatria: qui è stata minacciata di dover subire un TSO, trattamento che è stato attivato con la giustificazione che la persona era in agitazione psicomotoria e paranoica. Vincenza Sicari si trova tuttora “rinchiusa” in una stanza nel reparto di psichiatria con un caldo infernale, senza poter ricevere visite, senza poter parlare con i tanti amici che vengono a trovarla da tutta Italia.
il trasferimento coatto è stato 19 luglio non 17 e non esattamente da geriatria ma da quella angusta stanzetta priva di ogni apparecchio medicale come dovrebbe essere una stanza d'ospedale.
Come se non bastasse è paralizzata, quindi bisognosa di assistenza. Vincenza Sicari denuncia di non aver a disposizione nemmeno il campanello e quando ha bisogno di qualcosa è costretta ad urlare. Uno dei suoi legali, l'avvocato Antonio Petrongolo del foro di Roma spiega: “Su Vincenza si sta svolgendo un vero e proprio accanimento terapeutico finalizzato ad occultare le mancanze della struttura ospedaliera”. Dal canto loro i dirigenti dell'ospedale si rifiutano di dialogare con i legali: “Il primo TSO – prosegue Petrongolo – non solo è stato validato ma è stato poi autorizzato nel proseguo di un'ulteriore settimana senza alcuna giustificazione medica adeguata. La struttura si rifiuta di dialogare coi legali e approfitta delle dilatazioni processuali in ordine agli attuali giudizi in corso. Trattasi di una vicenda paradossale e deprivante della altrui libertà”. Vincenza piange e si dispera: “Sono anche una malata oncologica, sento che sto per morire vi prego aiutatemi”.
Hanno collaborato
Daniela Loro e Giuliana Lucca