Ancora una giornata ricca di alti e bassi in borsa per i titoli del settore automobilistico, che hanno chiuso in generalizzato calo mentre cresce la sensazione che non possa essere stata solo Volkswagen (terminata a +0,4%, rispetto al +6% visto in mattinata) ad aver “truccato” grazie a un apposito software i test anti inquinamento del motore a 4 cilindri diesel 2.0 TDI che equipaggia modelli a marchio Volkswagen e Audi (di cui sono già state fermate le vendite negli Usa dei “model year 2015” e di cui l’Epa, l’Ente per la protezione ambientale, non ha ancora concesso l’autorizzazione alla commercializzazione dei “model year 2016”).
La rivista motoristica tedesca Autobild ha già lanciato un’accusa precisa: il Suv Bmw X3 xDrive 20d sport, anch’esso equipaggiato con un motore diesel da 2000 cc, avrebbe infatti registrato in un test su strada livelli di ossidi nitrosi superiori di 11 volte il limite europeo. Immediata la replica dell’azienda che in una nota ufficiale ha negato di aver mai manipolato i test in alcun modo, ma ormai oltre a quello tedesco, che sta già predisponendo nuovi controlli a tappeto, i maggiori governi europei sembrano intenzionati a sottopongano a nuovi controlli i modelli di auto a motore diesel in vendita sui rispettivi mercati.
Non è ancora chiaro, però, se anche i “controllori” in qualche misura sapessero dei sotterfugi adottati dai “controllati” per superare i test di normative che talvolta sono contraddittorie tra loro a seconda dei differenti mercati. Il britannico Guardian ha già avanzato il sospetto che in realtà i governi sapessero benissimo in cosa consistessero le pratiche adottate dalle case automobilistiche per il rispetto dei limiti di emissione e che dunque la “stretta” non potrà essere eccessiva e sarà circostanziata ai soli motori diesel.
Quali potrebbero essere, in concreto, le ricadute per il settore auto europeo e per Fiat Chrysler Automobiles in particolare (alla cui forza pare almeno in parte legata la ripresa di cui il premier Matteo Renzi va così fiero), che se nei giorni scorsi e fino a stamane era riuscita a limitare i danni, nel corso del pomeriggio ha poi visto moltiplicarsi gli ordini di vendita chiudendo a 11,37 euro per azione, in calo del 7,3%? Da venerdì scorso, quando aveva chiuso a 12,84 euro, il titolo del gruppo guidato da Sergio Marchionne ha così ceduto l’11,44%, certo una frazione del crollo di Volkswagen ma sufficiente a far calare la capitalizzazione di borsa a poco più di 17,6 miliardi di euro.
Ma a lasciare incerti gli analisti non sono solo gli aspetti prettamente borsistici, anche perché è improbabile che Marchionne o altri possano approfittare del momento difficile del concorrente tedesco, che domani dovrebbe nominare il successore di Martin Winterkorn (che comunque esce di scena senza danni personali visto che riceverà una liquidazione di almeno 28,6 milioni di euro cui si potrebbero sommare altri due anni di retribuzione aggiuntiva per aver dato “spontaneamente” le dimissioni).
Una stretta sui motori diesel, segnalano alcuni analisti, non dovrebbe penalizzare eccessivamente Fca, che in Europa immatricola circa il 30% delle sue vetture con tali motorizzazioni contro una media attorno al 50% dei suoi concorrenti. Del resto Fca produce e vende, storicamente, una gamma di vetture di dimensioni piccole e medie, meno redditizie ma anche con minori livelli di emissione di sostanze inquinanti e di CO2 rispetto ai modelli della concorrenza e quando ha rilevato Chrysler negli Stati Uniti il gruppo italiano si è impegnato a produrre automobili a basso impatto ambientale.
Risultato: il gruppo italiano tuttora vende pochissime vetture equipaggiate con motori diesel negli States ed ha già fatto sapere di non aver mai utilizzato il software incriminato ed anzi aver sempre collaborato con le autorità “per garantire che i suoi veicoli siano rispettosi di tutti i requisiti richiesti”. Tuttavia la vicenda potrebbe portare i governi a incrementare il sostegno all’auto elettrica per favorirne la diffusione tra i consumatori, su cui il gruppo italiano finora era apparso scettico, col risultato di essere rimasto più indietro rispetto ad altri soggetti.
Marchionne sa da tempo che l’auto elettrica, anzi “ibrida”, sarà necessaria “per raggiungere il livello di emissioni che sono imposti all'industria automobilistica per il 2025, sia dalla parte americana che a livello europeo”, ma un conto è mettere a bilancio investimenti nell’arco dei prossimi 8-9 anni, un altro pensare di dover lanciare modelli commercialmente sostenibili (la Fiat 500 elettrica si vende in perdita), dunque di cilindrata elevata, già nei prossimi anni. A inizio anno il gruppo aveva fatto sapere di puntare le sue carte su due modelli “ibridi” per l’anno venturo, il Suv Alfa Romeo e il Suv Maserati Levante.
Per il primo da tempo circolano su strada una serie di “muletti” ancora sulla carrozzeria del modello Fiat 500L Living opportunamente modificata e non si conosce ancora il nome, ma dal Salone di Francoforte sono giunte conferme circa il lancio nel corso del 2016. Conferme anche per il Suv Maserati Levante, che dovrebbe essere presentato a Ginevra ai primi di marzo dell’anno venturo, mentre dalla Ferrari hanno ribadito pochi giorni fa che di Suv e di auto elettriche non se ne parla, perchè non avrebbero senso per il cavallino. Basteranno le prime due carte di Marchionne a consentire al gruppo italiano di rimanere in partita, nell'attesa di un possibile nuovo giro di risiko del settore?