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Pd alla resa dei conti: Indetto il Congresso, rischio scissione si fa sempre più concreto

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All'Assemblea Nazionale del Partito Democratico il segretario ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi si è dimesso andando però allo scontro con la minoranza dem: nessuna concessione riguardo il congresso. Dura anche la minoranza alla fine dell’Assemblea: "Nei nostri interventi c’è stato un tentativo unitario caduto nel nulla". La spaccatura nel Pd sembra ormai inevitabile.

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Renzi: "Faremo il congresso, ma niente ricatti. Non potete impedirmi di candidarmi"

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"Cominciamo la riunione di oggi proponendo la parola chiave. Io propongo la parola rispetto, una delle parole più belle, che attiene al guardarsi dentro, intorno e negli occhi. Avere rispetto è una delle prime cose che i nostri genitori ci insegnano e un partito deve scegliere di rispettarsi sempre. In questi mesi il Pd non si è rispettato, ha buttato del tempo, ha bestemmiato il suo tempo, ha perso l'occasione per parlare fuori. Guardiamoci negli occhi rispettandoci e proviamo a capire se esiste lo spazio per immaginare un domani", spiega Matteo Renzi in apertura dei lavori dell'Assemblea PD. "La scissione ha le sue ragioni che la ragione non conosce", sottolinea Renzi cominciando il suo discorso da segretario dimissionario, con una stoccata alla minoranza dem che nel corso delle ultime settimane ha più volte minacciato la scissione. "Il Partito Democratico ha perso l'occasione per aprire le finestre e parlare fuori. Ora dico, senza distinzioni: fermiamoci. Fuori da qui ci stanno prendendo per matti. La nostra responsabilità è nei confronti del Paese. Adesso basta, non possiamo più discutere al nostro interno. Facciamolo oggi ma dobbiamo rimetterci in cammino", prosegue Renzi.

"Tutto è nato dal referendum, io ho sbagliato e l’ho detto tante volte. C’è una frattura forte nella politica italiana. Mi sento responsabile della sconfitta: il referendum è stato una botta per tutto il sistema paese e abbiamo la responsabilità di rimetterci in moto. È tornata la Prima Repubblica senza la qualità della classe dirigente della prima repubblica. Si stanno scindendo tutti, anche alla nostra sinistra. Fratture che il proporzionale fisiologicamente esalta”, sottolinea Renzi. "La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno”.

“Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All’ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi ‘fai un errore. A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme. Lo voglio dire in totale chiarezza. Resti agli atti ciò che è accaduto in questi mesi. Io ho cercato di accogliere le proposte degli altri. Sono stato insultato".

Matteo Renzi si appella dunque alla minoranza chiedendo di restare nel Partito Democratico e di tornare a parlare dei problemi del Paese e non più di congressi e regole statutarie. Il rischio, ha spiegato il segretario dimissionario del Pd, è che questo clima contribuisca a regalare il Paese al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. "Nessuno viene a fare politica per cambiare un comma di uno statuto. Quella grande ambizione collettiva è come se fosse venuta meno. Se si immaginasse quello che può essere questo 2017 per l'Italia in Europa, ci sarebbe da mangiarsi la mani. Il Trattato di Ventotene, 110 anni dopo la nascita di Spinelli è ancora forte nel nostro cuore: l'Europa deve tornare a cambiare passo".

"Io non volevo fare il congresso, ringrazio Piero Fassino perché è stato uno di quelli che più mi è stato vicino in questa fase e che mi ha chiesto un atto di generosità, l'ha chiamata la mossa del cavallo. Arriva il momento in cui pur di evitare scissione, bisogna mordersi la lingua e mettersi un freno", sostiene Renzi, aggiungendo: "Non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano. È molto più di sinistra quello che ha fatto Teresa Bellanova, di ciò che hanno fatto certi convegni per anni e anni. Per l'attenzione agli ultimi. È molto più di sinistra affrontare il tema dei diritti e dei doveri con uno sguardo nuovo, che non crogiolarsi con riferimenti a simboli del passato. Fare investimenti sui cantieri sociali è molto più di sinistra. E anche se non canto ‘Bandiera rossa' e non vengo dalla tradizione socialista, penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano".

Spiegando le ragioni per cui dopo molte resistenze ha infine deciso di acconsentire al congresso anticipato, Renzi sottolinea: "C'è un altro punto per cui va fatto il congresso. È solo uno scontro di poteri, sì. Ma non nel modo che potete capire. C'è la legittima aspirazione a diventare segretario. Ma c'è di più: a chi appartiene il potere nel Partito Democratico? Quando si definisce il congresso come il luogo della conta e non della democrazia, si sta dicendo qualcosa che va contro il cuore del partito. La condizione per cui si può stare tutti dentro, non è la logica del veto, ma che il potere appartiene ai cittadini che vanno a votare alle primarie, non ai caminetti a Roma. Avete il diritto di sconfiggerci, non di eliminarci".

“Basta con la discussione e le polemiche sul governo. Faccio un applauso a Gentiloni che è qui, per quello che sta facendo con i ministri. È impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti. Sul governo non ho cambiato idea, mi fa piacere che altri lo abbiano fatto passando dall’appoggio caso per caso all’appoggio fino a fine legislatura. Rispettiamo l’azione del governo e i poteri del presidente della Repubblica”.

A cura di Charlotte Matteini
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La diretta dell'Assemblea Nazionale del Partito Democratico

A cura di Charlotte Matteini
11:22

Matteo Renzi si dimette da segretario del Partito Democratico

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Il presidente del Partito Democratico Matteo Orfini ha annunciato le dimissioni del segretario Matteo Renzi, che dunque in Assemblea Nazionale ha ufficialmente rimesso il proprio mandato. Il Pd andrà quindi al congresso con un segretario "reggente", l'attuale presidente del Partito Democratico Matteo Orfini, che traghetterà quindi il partito all'elezione dei nuovi organi direttivi. Sebbene lo statuto del Partito Democratico non contempli la figura del "segretario reggente" – visto che le attuali norme interne prevedono che in caso di cessazione anticipata del mandato del segretario nazionale l’Assemblea Nazionale possa o eleggere un nuovo segretario per restante parte del mandato oppure decidere di sciogliere in anticipo l’Assemblea e dare il via al congresso, la stessa Assemblea Nazionale, in quanto organo sovrano, ha il potere di cambiare l'assetto dello statuto di partito e quindi inserire questa possibilità.

"Ho convocato questa assemblea perché sono arrivate le dimissioni ufficiali del segretario in direzione. Ora va verificato se l'Assemblea vuole o no eleggere un nuovo segretario. Entro le 13,30 se qualcuno si vuole candidare a segretario, deve raccogliere almeno 117 firme e portarle alla presidenza. Questo comporterebbe il non svolgimento del congresso democratico perché si andrebbe a scadenza", ha annunciato Orfini.

A cura di Charlotte Matteini
10:43

Cuperlo spera nell'unità: "Mi auguro si faccia ogni sforzo per non dividersi"

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Arrivando all'Assemblea Nazionale all'Hotel Parco dei Principi di Roma, Gianni Cuperlo ha invitato la minoranza dem a restare nel Partito Democratico. "Mi auguro che fino all'ultimo istante utile si faccia ogni sforzo per non dividersi", ha dichiarato Cuperlo, aggiungendo, in risposta alla domanda di un cronista, che sia al leader della minoranza dem Pier Luigi Bersani sia a D'Alema direbbe "di fare di tutto per restare qui".

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A cura di Charlotte Matteini
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La crisi del Partito Democratico: la minoranza dem a un passo dalla scissione

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Dalle 10 del mattino il Partito Democratico si riunirà in Assemblea Nazionale per definire sostanzialmente le modalità che porteranno il partito al congresso, orientativamente entro la prossima primavera. Nel corso della settimana la minoranza dem e il segretario ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi si sono duramente scontrati e la spaccatura nel partito è ormai sensibilmente evidente. Matteo Renzi non vuole cedere, alla vigilia di questa combattuta Assemblea Nazionale ha dichiarato di non essere intenzionato a cambiare posizione su nulla e che, nonostante chiederà sicuramente alla minoranza dem di restare nel Partito Democratico, non intende quindi concedere alcun tipo di "agevolazione" ai membri del partito che in questi ultimi giorni hanno a più riprese minacciato di andarsene dal Pd. "Farò un appello alla minoranza a restare, ma non intendo cambiare posizione su nulla", ha dichiarato Matteo Renzi, sostanzialmente chiudendo le porte alla minoranza.

Secondo quanto appreso nel corso delle ultime ore, Renzi intende celebrare il congresso del partito in primavera, un congresso lampo, che andrà a chiudersi presumibilmente non più tardi del 7 maggio. Nonostante la data del congresso sia stata ormai quasi definita, Matteo Renzi comunque dovrebbe ribadire in assemblea il pieno sostegno al governo Gentiloni, probabilmente fino a naturale scadenza della legislatura, nel 2018. Nessuna promessa solenne, però, per quanto riguarda la scadenza del 2018, come invece vorrebbe la minoranza dem, che preme affinché si evitino le elezioni anticipate in ogni modo. I membri del Partito Democratico più agguerriti sono senz'altro il governatore della Regione Puglia Michele Emiliana e il governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, che nel corso delle ultime ore hanno duramente attaccato il segretario del Partito Democratico e a più riprese minacciato quella che ormai sembra un'inevitabile scissione.

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A cura di Charlotte Matteini
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