Il premier incaricato, Giuseppe Conte, vuole chiudere entro martedì la lista dei ministri da proporre per il nuovo governo Pd-M5s, ma domani si terrà il voto su Rousseau, considerato determinante da Luigi Di Maio. Intanto Beppe Grillo attacca Di Maio, dicendosi arrabbiato con lui, mentre il presidente del Consiglio convoca i capigruppo dei due partiti a Palazzo Chigi per discutere del programma.
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Il premier incaricato, Giuseppe Conte, vuole chiudere il prima possibile la lista dei ministri che comporranno il nuovo governo. Secondo indiscrezioni, già martedì l'ex presidente del Consiglio potrebbe presentare al capo dello Stato, Sergio Mattarella, la rosa di nomi scelti per l'esecutivo voluto da Partito democratico e Movimento 5 Stelle e "andare avanti senza curarsi delle ambizioni personali di chiunque, perché prevalente è l’interesse generale del Paese". Ma la strada è ancora in salita, visto che sono ancora molti i nodi da sciogliere, in particolare quello legato alle richieste avanzate da Luigi Di Maio. Il leader dei pentastellati venerdì scorso chiedeva, infatti, come condizione per far nascere il governo che il Pd sottoscrivesse il programma grillino, articolato in 20 punti, richiesta che è stata respinta dal segretario dem Nicola Zingaretti, oltre al ruolo che lui stesso dovrebbe occupare nella nuova formazione.
Su questo punto, è intervenuto persino Beppe Grillo con un video, in cui ha dichiarato: "Questa pena che vedo, questa mancanza di ironia, dovete sedervi a un tavolo e essere euforici perché appartenete a questo momento straordinario di cambiamento. Abbiamo da progettare il mondo, invece ci abbruttiamo, e le scalette e il posto lo do a chi e i dieci punti, i venti punti, basta!». Poi l’appello al Pd: "È il vostro momento questo, abbiamo un’occasione unica, Dio mio, unica. E allora cerchiamo di ricompattare i pensieri, di sognare un attimo a dieci anni con la visione. Abbiamo un’offerta di tecnologia immensa, dobbiamo decidere che tipo di società vogliamo". La situazione ha rischiato di diventare esplosiva, mettendo persino a rischio la formazione dell'esecutivo da parte di Conte. A far salire la tensione erano stati i venti punti messi sul piatto da Luigi Di Maio, con tanto di richiamo alle elezioni nel caso in cui non fossero stati accolti e la reazione del Pd, che aveva definito l’uscita del leader M5S un "inaccettabile ultimatum". Tensione che è poi calata sempre nella giornata di ieri dopo il vertice di 3 ore tra Conte e le delegazioni di Pd e M5s, avuto dopo un colloquio con il presidente Mattarella.