Oggi la direzione allargata del Partito Democratico che ha votato una mozione per avere in tempi stretti assemblea e apertura congresso.
- Renzi verso le dimissioni: "Non voglio la scissione, Congresso prima delle elezioni" 13 Febbraio
- Cuperlo: "Matteo, non sei il mio avversario. Ma con la tua politica non battiamo la destra" 13 Febbraio
- Matteo Renzi: "Non decido io quando si vota" 13 Febbraio
- Renzi alla minoranza: "Potete prendere in giro me ma non la nostra gente" 13 Febbraio
- L'intervento di Matteo Renzi alla Direzione PD 13 Febbraio
- Direzione convocata alle 14.30. Minoranza dem e renziani allo scontro 13 Febbraio
Renzi verso le dimissioni: "Non voglio la scissione, Congresso prima delle elezioni"
Renzi apre la direzione del Partito Democratico, con una lunga relazione: “Politica tornata a metodi che avevamo dimenticato, sono tornati i caminetti nel PD e la domanda è diventata quando facciamo il Congresso e non cosa facciamo per il Paese. Non è possibile che a fronte della speranza che abbiamo suscitato il tema sia quello delle divisione interne al PD”.
Poi ricorda di “essersi dimesso” proprio “dopo aver fatto i conti con la sconfitta al referendum”, ma aggiunge: “Se la personalizzazione ci ha fatto perdere il referendum, e io ne dubito, allora conviene depersonalizzare anche il post referendum”. Da questa considerazione, Renzi allarga lo sguardo a ciò che sta succedendo fuori dall’Europa, con la vittoria di Trump e la sua svolta isolazionista, per poi considerare negativamente l’idea di un Vecchio Continente a doppia velocità: “Certo, io mi accontenterei che almeno si muova, ma nei prossimi mesi ci sarà una discussione fondamentale, quella sul fiscal compact. Sono passati 5 anni dall’introduzione di questo meccanismo e io penso che si debba fare una riflessione perché è chiaro che non funzioni. Io non voglio violare le regole, ma è necessaria una battaglia di cambiamento”.
Poi scende nel dettaglio della questione Congresso: "Di fronte a tutto ciò la minoranza dice che se non facciamo il congresso sarà scissione. Io non avrei mai immaginato che si arrivasse a una scissione per calendario e mi sembra una sorta di ricatto morale. Ma ora credo che per buonsenso da parte di chi ha responsabilità accettare di fare il Congresso prima delle elezioni, perché io non voglio la scissione. Per me quelli della minoranza non saranno mai gli avversari, è assurdo pensare di costruire un'alternativa al renzismo… Bisognerebbe pensare un'alternativa al grillismo o al trumpismo e al lepenismo".
Bersani contro Renzi: "No al congresso subito, sosteniamo ancora Gentiloni"
Il ministro Orlando non ha partecipato al voto sulla mozione per il congresso subito
Secondo quanto si apprende, il ministro della Giustizia Andrea Orlando non ha partecipato alla votazione finale della direzione Partito democratico sulla mozione che chiedeva il congresso subito. Il ministro ha sostenuto la necessità di una conferenza programmatica da tenere prima del congresso.
La direzione vota la mozione: in tempi stretti assemblea e apertura congresso
Al termine dell'intervento di Matteo Renzi, la direzione Pd si chiude con il voto tra due mozioni contrapposte: una, di maggioranza, chiede che venga convocata l'assemblea per indire subito il congresso; l'altra, quella della minoranza, chiede tempi più lunghi, settembre-ottobre, per il congresso. A prevalere è stata la prima mozione, con 107 delegati a favore, 12 i contrari, 5 gli astenuti. Preclusa la seconda. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, sarà dunque chiamato a convocare l'assemblea, per indire quanto prima il congresso.
La replica di Renzi: "Sarà l'assemblea a decidere su tempi e modalità del congresso"
"Io ho fiducia nella nostra gente, ci sono centinaia migliaia di iscritti che rappresentano il Pd e hanno chance di partecipazione a partire dal congresso". Così Matteo Renzi ha iniziato la sua replica, in chiusura della direzione del Partito democratico iniziata questo pomeriggio. "Dopo due mesi – ha aggiunto – in cui tutte le volte che abbiamo avanzato proposte il giorno dopo ci è stato detto di cambiare posizione, credo che sia arrivato il momento di mettere un punto. E non lo farò io, ma l'assemblea", che ha "la sovranità per decidere tempi e modalità del congresso". Renzi ha dunque ribadito che "il congresso si farà nei tempi decisi dall’Assemblea, come previsto dallo statuto di questo partito". Sulla legge elettorale, l'ex premier ha chiarito che "non è un elemento ostativo al congresso".
Dalle elezioni, ha proseguito il segretario del Pd, "non ne sto fuori in modo tattico, ma per convinzione. Che si voti a settembre o febbraio, è un tema che non riguarda l'essenza del Partito democratico, rguarda i desideri, le ambizioni delle persone". Renzi ha poi recriminato che "da due mesi siamo fermi nella nostra discussione", "discutiamo sul niente. Avete chiesto il congresso? Facciamolo".
Enrico Rossi: "Giovani e ceto medio cercano soluzioni nella destra"
"La gravità del momento ci impone di abbassare i toni e cercare una strada comune per affrontare i nodi che abbiamo davanti. Noi non dobbiamo difendere le ragioni del governo che abbiamo avuto senza capire perché non abbiamo dato risposte adeguate alle domande dei cittadini, come le tornate elettorali hanno dimostrato ampiamente. Un sequela di risultati nei territori assolutamente poco incoraggianti. Lo scenario è cambiato, ma la nostra azione di governo è stata sufficiente? Quello che a mio parere è mancato sono le scelte fondamentali e la visione di fondo sul futuro del Paese, non siamo stati adeguati. I giovani, i precari, il ceto medio, gli artigiani e gli imprenditori non si rivedono in noi. Abbiamo tolto l'Imu anche a chi poteva permettersi di pagarlo e non abbiamo pensato di mettere quelle risorse per combattere la povertà, aiutare i precari, dare protezione sociale. Abbiamo avuto andamenti ondivaghi, abbiamo cercato del consenso puntando sull'offerta. Ma ora il ceto medio e la destra chiedono soluzioni alla destra", sostiene il candidato alla segreteria del Partito Democratico Enrico Rossi".
"Povertà, legge elettorale e poi un segnale che ridia ai giovani un po' di lavoro. Lì c'è una catastrofe, uno sprofondo di consensi, che non recuperiamo mettendo in tasca 500 euro ai diciottenni. Avremmo fatto meglio ad assumere 15mila giovani nella ricerca. La gravità del momento ci impone di abbassare i toni e cercare, se possibile, una strada comune. Credo che si è esaurita una fase e non si tratta di mettere i discussione nessuno. Non credo di offendere nessuno se dico che c'è stata, anche prima di Matteo, una sinistra troppo accondiscendente al mondo così com'è. Dobbiamo uscire da un riformismo troppo debole, e proporre un cambiamento più robusto della società".
Bersani: “Parte del nostro popolo non ci sopporta”
"Io non vi parlo da bersaniano, ma da Bersani. Sono molto preoccupato, noi dobbiamo prendere delle decisioni per noi, ma prima di tutto per l'Italia, perché noi stiamo governando questo Paese qui. Questo è un passaggio troppo serio, quindi io salto su un altro registro. Vorrei provare a vedere se a prescindere da quello che abbiamo pensato e che è avvenuto in questi tre anni, c'è ancora qualcosa che ci tiene insieme", spiega Pierluigi Bersani.
"Possiamo essere d'accordo sul fatto che questo ripiegamento della globalizzazione in tutto il mondo sta facendo affacciare una destra sovranista, identitaria, protezionista, che sta entrando nel senso comune, anche a casa nostra e che sta producendo egemonia? Questi se vanno al governo tolgono i voucher, per esempio, e se lo fanno, come facciamo a riprenderci i giovani poi? Siamo d'accordo che a questa destra dobbiamo proporre un campo di idee largo, non quello dei primi anni '90, ma non perché dobbiamo rinnegarci, ma perché dobbiamo agganciarci alla realtà e ora la realtà è cambiata? Abbiamo vinto dappertutto, ma dopo 25 anni è cambiato tutto. Ora l'agenda dice che dobbiamo difenderci dai cascami della globalizzazione. L'inuguaglianza non la digerisci, non l'accetti, il lavoro è diventato vago, umiliato, ricattato. Se noi non decliniamo l'agenda con i nostri valori, noi guardate ragazzi che la destra arriva, arriva, ce l'abbiamo già sotto i piedi, se conosciamo l'Italia. Per rispondere dobbiamo elaborare proposte nostre. Non è vero che non abbiamo idee, a noi mancano i luoghi per discutere e confrontare le nuove idee. Ma se non andiamo in profondità, noi perdiamo il treno. Non facciamo cose cotte e mangiate, che andiamo alla conta. Organizziamo un congresso chiamando forze da fuori, confrontiamoci", prosegue Bersani.
"Siamo d'accordo nel dire che dalle regionali alle amministrative al referendum, è vero o no che un pezzo della nostra gente, del nostro popolo, del ceto medio si è allontanato da noi? E' vero o no che un pezzo di popolo non ci sopporta? Abbiamo questo problema. Dobbiamo dare un segnale, ma non a parole. Noi gruppi parlamentari dovremmo fare un approfondimento e fare una manutenzione delle azioni di governo di questi anni, dal lavoro alla scuola. Scegliamo e diamo un segno. Ci vuole un po' di umiltà, sennò ragazzi poi quando arrivano le elezioni noi queste cose possiamo anche prometterle, ma essendo stati al governo non saremo molto credibili non avendo fatto nulla per cambiare".
"Abbiamo creato poi delle ore X, degli appuntamenti dirimenti, alzato la voce dando messaggi sfidanti. C'ha portato bene? Io direi di no. Gli italiani hanno già i loro problemi e non hanno voglia di essere stressati con problemi che non hanno a che fare con la loro vita comune. Credo che chi governa debba trasmettere linearità e sicurezza, non ansia. Noi dobbiamo approfondire e riflettere, correggere e rassicurare e la prima cosa che noi dobbiamo dire all'Europa, ai mercati, al Mondo e agli italiani è quando si vota. Non possiamo lasciare un punto interrogativo, governiamo noi. In questo modo mettiamo l'Italia nei guai. Noi dobbiamo garantire a tutti la conclusione della ordinaria legislatura, garantirla e non lasciare un interrogativo. Sarebbe una spada di Damocle sulla testa del governo e noi dobbiamo dire una cosa precisa su questo e dobbiamo dirlo qui. Noi veniamo dopo il Paese. In questo tempo avremmo anche modo di cambiare e fare quelle correzioni che dovremmo fare e poi andare al voto".
Cuperlo: "Matteo, non sei il mio avversario. Ma con la tua politica non battiamo la destra"
Il primo a prendere la parola dopo l'intervento di Renzi è Gianni Cuperlo, che spiega: "Più che quando fare il Congresso, credo che conti il come, ovvero quale è il percorso con cui ci prepariamo a guidare questa fase storica, perché il Congresso serve per decidere cosa dire agli italiani che si recano a votare. Noi da soli non bastiamo e non basta sommare pezzi di una sinistra sparsa, ma bisogna parlare con pezzi di società". Poi continua: "La scelta sarà decisiva, ma dobbiamo capire se la rotta seguita finora non ci porti nuovamente alla sconfitta, perché io penso che solo una sterzata radicale può metterci al riparo in questi tempi. Tu non sei mai stato il mio avversario, Matteo, ma il punto è se la tua politica è quella giusta per fermare la destra. E ora il rischio è che il PD potrebbe finire, buttando via dieci anni, dunque bisogna restituire la parola ai nostri iscritti, senza forzature e senza strappi".
Matteo Renzi: "Non decido io quando si vota"
Renzi aggiunge anche qualche considerazione sulla data delle elezioni: "Vorrei svelare un segreto, le elezioni politiche non c'entrano con il congresso del PD. Io non sono il Presidente del Consiglio, non faccio parte né del Governo né del Parlamento, e non sono il Presidente della Repubblica. Non decido io quando si vota, penso che la decisione spetti ad altri, ma sia chiaro che il Congresso del PD non si fa per decidere quando si voterà. A me interessa solo che il Pd ci arrivi pronto".
Quanto alla sua "ambizione personale", spiega: "Mi piacerebbe avere una rivincita sul referendum, ma quella è stata una gara senza rivincita, che purtroppo abbiamo perso".
Renzi alla minoranza: "Potete prendere in giro me ma non la nostra gente"
Dura stoccata di Renzi alla minoranza del Partito Democratico, a suo dire incoerente nel chiedere prima congresso e nel rifiutare poi la proposta di farlo in tempi rapidi: "Potete prendere in giro me ma non la nostra gente. Ora noi chiediamo il Congresso perché io non sarò mai il custode dei caminetti o quello degli equilibri interni, facciamolo con le regole vecchie, come volete voi, ma il giorno dopo chi perde si metta al servizio di chi ha vinto. Non si faccia come con Giachetti, quando qualcuno telefonava per condizionare la scelta degli assessori potenziali".
Direzione convocata alle 14.30. Minoranza dem e renziani allo scontro
La direzione del Partito Democratico che si terrà alle 14.30 del 13 febbraio si preannuncia molto tesa. Tema centrale dell'incontro il congresso del partito, che vedrà molto probabilmente un acceso scontro tra le due fazioni principali del Pd, quella dei renziani e quella della cosiddetta "minoranza" dem. Secondo indiscrezioni, il segretario del Partito Democratico ed ex presidente del Consiglio Matteo Renzi punta alle elezioni anticipate entro il prossimo giugno, ipotesi che invece vede decisamente avversi altri esponenti di spicco del partito tra i quali Romano Prodi. Il dibattito resta aperto, ma nella direzione allargata, che coinvolgerà anche i parlamentari e segretari locali del Partito Democratico, si parlerà anche e soprattutto del congresso del Pd, che dovrebbe tenersi entro la fine di quest'anno. Le intenzioni di Matteo Renzi sembrano essere piuttosto chiare: molto probabilmente già questo pomeriggio il segretario del Pd annuncerà le proprie dimissioni e spingerà per l'avvio di un congresso "lampo", che possa portare il Partito a individuare, o confermare, il leader del Pd da sottoporre alla volontà popolare in vista delle prossime elezioni politiche, che Renzi vorrebbe si svolgessero il tempi molto brevi, entro la prossima estate.
Tra i candidati alla segreteria dem, il governatore pugliese Michele Emiliano ha chiaramente fatto intendere di non fidarsi di Matteo Renzi e di considerare il suo approccio deleterio per il Partito Democratico. "Una campagna elettorale con l'immagine di Renzi come leader del Pd per noi sarebbe una rovina", ha sostenuto Emiliano, che ha sottolineato inoltre che "è evidente che siamo in una fase in cui abbiamo costretto il segretario a fare il congresso, perché lui non lo voleva fare. Renzi aveva un altro obiettivo: voleva saltare direttamente alle elezioni. Aveva pensato, con la sentenza della Corte costituzionale, di sequestrare i capilista e di costruire questo progetto folle, sterile, triste, insopportabilmente inutile, al solo fine di tutelare un po’ di deputati. Con lui siamo stati attentissimi alle esigenze di petrolieri, banchieri e anche golfisti, dobbiamo invece essere il partito dei cittadini”.
Di diverso avviso il governatore della Toscana Enrico Rossi, anch'esso candidato alla segreteria Pd, che vorrebbe arrivare al congresso con una segreteria di garanzia, una sorta di organo traghettatore: “Si dimetta, come fece Bersani. E si vada a un congresso vero e lungo, con un segretario di garanzia. Per definire la situazione, potrei usare un termine da presidente emerito: aberrante. Da una parte, per il modo in cui reagisce Renzi, con la coazione a ripetere della personalizzazione. Dall’altra, per il modo in cui molti spingono per la rottura”, ha spiegato Rossi. "Si lamenta perché sono due mesi che viene tambureggiato. Si vuole un clima più disteso. Bene, segua il percorso indicato e così lui suonerà i tamburi, noi le campane, e tornerà un clima più disteso. Il suo percorsoparte dalle sue dimissioni, invece mi pare che Renzi spinga per rifare la conta subito, per personalizzare ancora. Un gioco disperato”.
I renziani attaccano la minoranza dem e sostengono che questo scontro porti al logoramento interno del partito e a probabili scissioni, provocando dei danni anche in ottica elettorale. Secondo il vicepresidente del Pd, la minoranza ha paura di Renzi semplicemente perché sa che l'elettorato è dalla sua parte.