È arrivato il giorno del voto definitivo in Senato sull'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini, richiesta dal Tribunale dei ministri di Catania che ha accusato il leader della Lega di sequestro di persona per aver trattenuto 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo a bordo della nave militare Gregoretti e averne negato lo sbarco per quasi sei giorni. Lo scorso 20 gennaio la Giunta per le immunità parlamentari aveva dato il via libera all'autorizzazione a procedere contro Salvini: mentre i senatori della maggioranza avevano abbandonato l'aula, in polemica sulle tempistiche del voto, i parlamentari del Carroccio avevano votato per mandare Salvini in tribunale, dietro esplicita richiesta dell'ex ministro dell'Interno che continua ad affermare di aver agito nell'interesse del Paese, una condotta che non può essere considerata un crimine.
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L'intervento della senatrice Stefani: "Il governo condivideva la linea di Salvini"
Prima a intervenire è la senatrice Erika Stefani, che ha ripercorso le tappe del voto sull'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini. "Il tribunale dei ministri ha richiesto l'autorizzazione a procedere assumendo che l'ex ministro dell'Interno abbia abusato dei suoi poteri ponendo sotto sequestro i 131 migranti a bordo della nave Gregoretti. Ma vi era una piena conoscenza e condivisione, a livello di governo, di quanto stava accadendo", commenta Stefani, chiamando in causa il caso Diciotti nel quale si erano verificate delle dinamiche simili e affermando che la linea del primo esecutivo di Giuseppe Conte era condivisa ed era anche stata posta in atto fino ad allora.
La senatrice rimarca che quindi la linea del governo in materia di immigrazione era evidente, facendo forza sull'argomentazione difensiva per la quale sarebbe responsabile tutto il governo e non solo l'ex ministro Salvini. Inoltre, Stefani fa riferimento a una corrispondenza tra la presidenza del Consiglio e gli Stati membri dell'Unione europea in materia di ricollocazione: si stava quindi elaborando un processo di distribuzione dei migranti nei Paesi europei, la quale renderebbe la permanenza dei migranti sulla nave un "mero tempo tecnico" per poter finalizzare la ricollocazione. "Va messo in conto il ritardo nelle risposte dovuto al weekend estivo", sottolinea ancora la senatrice affermando che le procedure di ridistribuzione non erano ancora automatiche.
Inoltre, "Salvini operò in un contesto di compartecipazione dell'esecutivo" e "nessuna presa di posizione contraria è stata assunta dal presidente Conte o da altri membri del governo", continua Stefani, rimarcando che la corrispondenza sarebbe già di per sé la prova di coinvolgimento del governo: nessuna azione personale da parte del leader leghista, quindi. Un fatto, prosegue, dimostrato anche dal fatto che la questione non sia stata trattata in Consiglio dei ministri e che in quella sede non si sia mai presa una posizione comune: un elemento che non dimostrerebbe la contrarietà del resto del governo come vorrebbe il tribunale dei ministri di Catania, ma che al contrario ne proverebbe la implicita condivisione.
Centrodestra tenta di salvare Salvini: presentato ordine del giorno contro autorizzazione a procedere
Ieri sera le forze del centrodestra, Fratelli d'Italia e Forza Italia, avevano presentato un ordine del giorno al Senato per poter ribaltare la decisione presa dalla Giunta delle Immunità: "Il Senato – si legge nel documento – non potrebbe mai prescindere dalla valutazione oggettiva del precedente della Diciotti e dal decisum adottato in tale circostanza: una soluzione diversa potrebbe infatti essere prospettata solo qualora le divergenze tra i due casi fossero ritenute tali da giustificare, attenendosi ad un principio di ragionevolezza, un'eventuale decisione difforme rispetto a quella adottata per il caso Diciotti".
Oggi voto definitivo del Senato sul caso Gregoretti, Salvini: "Difendere i confini era mio dovere"
È arrivato il giorno del voto definitivo in Senato sull'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini, richiesta dal Tribunale dei ministri di Catania che ha accusato il leader della Lega di sequestro di persona per aver trattenuto 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo a bordo della nave militare Gregoretti e averne negato lo sbarco per quasi sei giorni. Lo scorso 20 gennaio la Giunta per le immunità parlamentari aveva dato il via libera all'autorizzazione a procedere contro Salvini: mentre i senatori della maggioranza avevano abbandonato l'aula, in polemica sulle tempistiche del voto, i parlamentari del Carroccio avevano votato per mandare Salvini in tribunale, dietro esplicita richiesta dell'ex ministro dell'Interno che continua ad affermare di aver agito nell'interesse del Paese, una condotta che non può essere considerata un crimine.
Ieri sera Fratelli d'Italia e Forza Italia avevano tentato un salvataggio all'ultimo minuto per salvare Salvini dal processo, presentando un ordine del giorno a Palazzo Madama per ribaltare l'esito del voto dello scorso 20 gennaio della Giunta delle Immunità di palazzo Madama. Un documento che richiamava al caso Diciotti per dimostrare come l'azione dell'ex ministro dell'Interno fosse legittima. "Se dovrò andare in Tribunale, spiegherò ai giudici che difendere i confini del mio Paese e proteggere i cittadini era un mio dovere e, serenamente, mi recherò in quell'aula a rappresentare milioni di italiani, perché ho fatto semplicemente ciò che mi chiedevano: controllare chi entra e chi esce dall'Italia, come a casa mia. Male non fare, paura non avere", scrive su Twitter il leader leghista.
Nei giorni scorsi indiscrezioni di stampa avevano affermato che Salvini, dietro suggerimento della senatrice leghista Giulia Bongiorno, avesse chiesto ai parlamentari leghisti di non votare più l'autorizzazione a procedere contro di lui, come fatto in precedenza. L'ex ministro avrebbe cambiato idea e non spingerebbe più i suoi ad approvare il via libera al processo dopo l'avvertimento secondo cui un voto favorevole dei leghisti indebolirebbe troppo la strategia difensiva. In questo caso i senatori leghisti, con ogni probabilità, abbandoneranno l'aula al momento del voto.