Libia nel caos: 300 morti nelle proteste, razzi sui manifestanti
La brutale repressione di oggi nella città nordorientale di Bengasi ha fatto salire drasticamente il bilancio dei morti in Libia. Nonostante la mancanza di informazioni, fonti mediche indipendenti parlano di 300 morti e di un migliaio di feriti; solo oggi pomeriggio si sono registrati 50 morti. Le informazioni che arrivano annunciano puntualmente l'allargamento delle proteste: la BBC ha informato che le proteste sono arrivare anche a Tripoli dove alcuni testimoni denunciano duri scontri questa notte tra i manifestanti anti-governo ed i simpatizzati di Gheddafi, il dittatore che oggi, tra l'altro, ha minacciato l’Unione Europea di porre fine alla politica di cooperazione nella lotta contro l’immigrazione, se gli Stati dell’Europa continueranno ad appoggiare le proteste dei manifestanti contro il regime.
Le organizzazioni per i diritti umani Human Rights Watch e Amnesty International, portavoci delle proteste, sono tra i pochi che riescono ad informarci su quello che succede nel paese: a Bengasi, epicentro della protesta, l'esercito ha sparato razzi contro la folla che manifestava davanti alla sede di un tribunale. La situazione è drammatica negli ospedali, che non sono attrezzati e che non hanno personale per accogliere tutti i feriti.
Nonostante gli appelli internazionali, Gheddafi ha imposto una coltre di silenzio sul paese e nel quinto giorno di proteste contro il suo regime, sono arrivate ancora meno informazioni. Infatti in Libia non è presente la stampa internazionale, a differenza di Tunisia ed Egitto, per parlare di una protesta che i mezzi di comunicazione locali praticamente ignorano.
Gran parte delle informazioni escono dal paese attraverso le reti sociali ma da venerdì il regime ha bloccato l'accesso ad internet, seguendo l'esempio di quello che ha fatto qualche settimana fa Hosni Mubarak. Tuttavia, Al Jazeera è riuscita a diffondere alcuni video di quello che è successo la notte tra sabato e domenica a Bengasi. La mancanza di informazione rende ancora più difficile sapere cosa realmente sta succedendo nel più prospero e meno popolato dei paesi dell'Africa mediterranea, ma evidenzia senza dubbio la spietata repressione e la determinazione di Gheddafi, al governo da 42 anni, e che a quanto pare vuole convertirsi a qualsiasi prezzo in un leader perenne. Riuscirà nel suo intento o sarà costretto a scappare come Ben Ali? Forse dovrà dimettersi come ha fatto Mubarak?La sensazione è che comunque nel paese libico, la svolta sia dietro l'angolo.